lunedì 19 dicembre 2011

La palestra degli orrori



Dopo quasi due mesi trascorsi dall'iscrizione in palestra del team di Via Bonnet, sono giunto ad identificare alcuni soggetti che meritano di essere menzionati nel mio blog, non tanto perchè rappresentanti di categorie più o meno immancabili all'interno di una palestra, quanto perchè si tratta di personaggi così particolari da rimanere immediatamente impressi nella memoria già dopo il primo sguardo. 
E visto che sono una persona molto sadica, perchè tenere per me tali sculture da museo dell'orrore quando posseggo un bellissimo blog pronto a diffondere il verbo a destra e manca?
Ho identificato cinque bei personaggi per voi, eccoli qua:


Caparezza
Si apre la porta scorrevole ed entra prima la massa di capelli crespi e scompigliati, poi la testa che li sostiene ed in coda tutto il resto. Dopo il cambio negli spogliatoi, Caparezza si presenta nella sala macchine con short anni '80, possibilmente gialli (tagliati corti sulla coscia come i vecchi pantaloncini da cestista), canottiera con sotto una magliettina della salute bianca, e naturalmente un cespuglio in testa che solo dopo un attenta desamina di intuisce essere la criniera del soggetto. A volte aggiunge particolari succosi come occhiali da sole o fascia per capelli alla Flash Dance.


La Faiga
Una faiga in una palestra non può mai mancare. E badate bene, non ho detto 'figa', perchè di quelle in una palestra ce ne devono essere per forza sennò andate a farvi restituire i soldi dell'iscrizione. Il soggetto che intendo io è molto più interessante poichè, oltre ad essere una donna di bell'aspetto (spesso matura, ma non mancano le faighe ragazzine), ad ogni esercizio cerca costantemente la posa più conturbante assicurandosi che almeno metà della popolazione maschile stia assistendo alle sue evoluzioni degne del libro del kamasutra. Quando la si guarda con attenzione poi ci si accorge che non è nemmeno tanto bella, più che altro è zoccolissima, ma quasi nessuno si formalizza sulla cosa. Accessorio immancabile: tanga nero sotto i pantaloncini bianchi.


L'Indiano
In questo caso si tratta di un soggetto molto meno frequente in una palestra, o almeno spero. Trattasi di un omone grande e grosso, eccezion fatta per l'altezza poichè non supera il metro e sessanta. Sfoggia in compenso una quantità di muscoli impressionante, tanto da farlo sembrare più largo di spalle che alto. E' perennemente munito di cinturone per sostenere la schiena durante gli sforzi disumani che compie, ed è l'unico che vedi passare per la palestra con in mano un bilancere da 36kg (!!!) come se fosse una sacchettino di mandaranci presi al Carrefour. L'indiano impreziosisce il suo visetto da orsacchiotto con un bel pizzetto alla Tutankhamon che neanche il chitarrista dei Lit oserebbe sfoggiare. Un ganzo insomma.


Il Piacione
Il Piacione è un altra figura costante in una palestra, al pari della Faiga. Immaginatevelo: cinquantenne, pompatissimo, capello biondo fluente e sorriso a 32 denti sempre stampato in viso. E' semplice no? Quasi quanto immaginarselo mentre il sabato sera ci prova con delle ventenni in discoteca che immancabilmente gli rispondono con un bel dito medio. Becca più pali in faccia lui di chiunque altro, ma nonostante ciò non perde mai il sorriso ed il suo charme. Califfano sarebbe orgogliosissimo di lui. Il resto dell'umanità no, ma d'altronde non si può avere tutto dalla vita.




La Uoma
Il soprannome è un piccolo omaggio alla lontanissima vacanza di Grottamare, e calza a pennello con il soggetto visto che risulta estremamente difficile capirne il sesso. Sembra che abbia un seno ma il viso aggraziato ed angelico da Grizzly lascia un attimo perplessi. Quando poi la vedi sollevare il quadruplo dei tuoi pesi, allora lì si va proprio in confusione. Non va molto d'accordo con le Faighe e difatti le guarda in cagnesco, forse invidiandone qualche aspetto peculiare: probabilmente la femminilità. Ma allora perchè tiri su bilanceri da 25 kg, ragazza mia?




mercoledì 30 novembre 2011

Black Sheep - Una storia vera


Fighetta hippie:   "Cos'è questo rumore?"
Sfigato ovinofobico:   "Qualcuno che sta tosando!"


Dopo il successo della mia recensione al capolavoro del cinema moderno I Tre Moschettieri, torno a parlare di film nel blog del Voivoda con un altro capolavoro visionato l'altra sera a Milano in compagnia dell'Ari (l'Indiana Jones che ha scoperto l'esistenza di questa perla) e del Maina: oggi si parla di Black Sheep - Pecore Assassine.
Ebbene si, il titolo purtroppo svela già molto sul tema protagonista di questa chicca di B-movie e lo fa in maniera diretta come un Bats qualsiasi, o come un Api Assassine qualunque. Capolavori che fra l'altro vi consiglio di vedere (se avete del tempo da buttare via, altrimenti dedicatevi ad attività più utili nel campo del sociale come questa --> clicca qui).
Insomma avrei preferito un titolo più criptico, come nel caso di Marabunta - Minaccia dalla Terra, che sembra chissà cosa e poi scopri che parla di formiche assassine (???) e scemi del villaggio che scappano urlando come checche isteriche e sparando colpi di fucile a pompa verso questi temibili insetti. Per la serie: del buon vecchio DDT non bastava?
Comunque, tornando in tema Black Sheep, a colpire non è solo l'idea demenziale in sè - delle pecore assassine?! - ma anche l'atmosfera di self-perculazio che impregna tutto il film. Il cast, il regista ed gli stessi produttori non hanno voluto puntare come negli esempi sopra citati a creare un film carico di tensione e suspance (anche perchè con delle pecore, hai voja); hanno preferito investire su battute ridicole, personaggi pseudo-comici e sui magnifici sguardi penetranti delle mostruose bestie protagoniste:

Sono o non sono animali terrificanti?

Il risultato di questo mix letale è che ci si dimentica del lato horror del film (molto scarno in realtà, solo un pò di splatter qua e là) mentre ci si trova piegati in due a ridere di fronte ad un'opera demenziale in cui il protagonista è un giovane neozelandese che soffre di ovinofobia a causa di uno scherzo di cattivo gusto subito in età infantile, messo in opera dal fratello che si rivela essere il "cattivo" del film con tendenze zoofile un pò troppo marcate. Lo sfigato ovinofobico è accompagnato da una hippie che sembra non capire un cazzo di niente della vita e che non si scandalizza manco tanto quando vede delle pecore fare salti di 2 o 3 metri per azzannare una giugulare esposta. A chiudere il cerchio dei personaggi principali troviamo: il ragazzo della hippie che si fa mordere da una ovino transgenico e diventa una pecora mannara (no, non sono sotto effetto di acidi); un pecoraro che una volta morso al piede vede trasformasi il suddetto in una zampa d'ovino ma la prende con molta filosofia; una vecchia che sembra Rambo a 280 anni ma che comunque sa ancora farsi valere col suo bel fucile in mano.
Andare avanti non avrebbe più senso, è un film che non si può godere in una recensione. Va visto ed amato. Vi lascio con il trailer della versione italiana.


Un ora e venti e non guarderete più le pecore nella stessa maniera, ve lo assicuro.

lunedì 21 novembre 2011

Festeggiamenti ambrogini


Su cortese richiesta di un afecionados lettore del mio blog, di cui non farò il nome per non comprometterlo (il suo nome in codice è Tatone86), voglio tentare un improbabile riassunto dei tre compleanni festeggiati a Milano negli anni scorsi. Il difficile, in questa impresa, è ricordarsi tutti i dettagli perchè si sa, l'alcol non è un valido aiutante quando si tratta di andare a ripescare nei cassetti della memoria.
Anzi, prendendo spunto dall'idea di Stephen King ne L'Acchiappasogni, che immagina il cervello come un gigantesco magazzino disposto su più piani, zeppo di scatoloni che rappresentano tutti i ricordi e le esperienze della propria via, ecco, io immagino nel mio archivio che tutta la zona "compleanni festeggiati a Milano" sia stata sommersa da una gigantesca alluvione (alcolica appunto), e che mi tocchi ora andare a ripescare i ricordi da cartoni resi molli e friabili dall'acqua, memorie che si sfaldano fra le mani.
Tralasciando queste peregrinazioni mentali, ricordo distintamente che i compleanni festeggiati sotto l'ombra della Madonnina dalla premiata ditta Marty e Vezz sono stati tre, spalmati in quattro anni. Eh già, perchè dopo il primo glorioso anno di festeggiamenti ambrogini ci si prese un anno sabatico, forse per riprendersi dalla batosta.
Quindi il primo compleanno fu quello del 2007 se non sbaglio a fare i conti. Il programma della serata prevedeva un goccio di spumante a casa della Marty prima di uscire a fare l'happy hour. In realtà io arrivai già un pò badilato al rendezvous a causa di un riscaldamento in vista dei festeggiamenti veri e propri a casa del Mighè, e da lì iniziai una lunga maratona alcolica con il buon Lukish a farmi da spalla. L'errore per lui fu quello di seguirmi in ogni cosa che bevvi quella sera di cui ricordo: un invisibile aromatizzato fragola in cui era assolutamente impossibile riconoscere il sapore del frutto all'interno di quel mix letali di basi bianche; sette chupiti, tutti di sapori diversi ma di cui al momento non ne ricordo nemmeno uno; un long island nel locale a Brera dove incrociamo anche il mitico Arrighe. Il risultato del primo anno fu che il protagonista indiscusso della serata fu proprio Lukish, che dopo la chupiteria perse completamente il filtro serietà e cominciò a fare dei discorsi completamente deliranti, oltre che estremamente divertenti.
La serata purtroppo, dopo quel maledetto ultimo long island, fu ancora molto lunga per me e Lukish. Io, storia trita e ritrita, finii lungo disteso -collassato- nella cucina di Miki, dove tutt'ora una piastrella indica il punto esatto di caduta. Il resto della nottata lo ricordo a tratti vaghi e sfocati, vorrei poter dire per la botta alla testa, ma credo che le cause fossero altre. Rammento solo che dopo la caduta, ci fu la domanda di Miki: "Vezz, ma cosa è successo?", e io da terra, calmo e pacato, risposi: "Eh, son caduto". La mattina mi svegliai addormentato per terra fuori dal bagno, e per una settimana intera la mia coordinazione motoria fu estremamente ridotta.
A Lukish non andò molto meglio. Arrivato a casa della Marty vomitò l'anima nel lavandino del bagno. Poi subì una sveglia ad orari disumani vista la nottata da leone appena trascorsa, e mentre aspettava il treno a Lambrate per tornare a Cremona (dove lo attendeva un faraonico pranzo di famiglia) decise che era il caso di lasciare un ricordino anche in stazione. Infine, appena arrivato a casa, si diresse in bagno per il terzo canto del gallo. Per tutta la settimana ebbe la febbre, e fu il primo caso diagnosticato al mondo di febbre alcolica post-sbronza.
Il secondo compleanno a Milano, dopo un anno sabatico già menzionato, fu nel 2009 e fu probabilmente quello più "tranquillo". Happy Hour al Crash, poi una sbarcata di chupiti in un locale di cui non ricordo nome e location, ma con un proprietario simpaticissimo. Sine mi faceva presente l'altra sera che per ogni chupito nostro, lui se ne tirava giù uno. Non oso immaginare come stia messo il suo fegato. Poi qualcuno a casa ("Non mollare vecchio", direbbe Dario) e qualcun'altro ai Magazzini Generali. Di questa parte della serata due cose hanno meritato di essere conservate nei recessi della mia memoria: l'invisibile più pesante della storia umana, tanto greve da farci tornare sbronzi fradici dopo che, negli spostamenti, la balla accumulata in chupiteria era andata esaurendosi; Grana che gesticola come suo solito come un pazzo, e che così facendo urta il cocktail di Miki rovesciandolo a terra ("E io pago", direbbe Totò, visto che poi gli sbeuri per rimediare al danno li ha tirati fuori il sottoscritto).
Con il terzo festeggiamento milanese invece si è tornati ad avere un trend positivo, perlomento in quanto a stupidità. Sede dei festeggiamenti il ristorante Covo, con i suoi capelli da pagliaccio e con il suo Nero d'Avola, che da allora il mio cervello teme vista la furiosa emicrania del giorno dopo. Serata oltremodo divertente con protagonisti al ristorante l'Ari ed il Ghido, impegnati da metà serata in poi a fottere bottiglie di rosso da tavoli appena lasciati sguarniti dai legittimi proprietari. Poi il bomber, usciti dal Covo, fù il Garo che in preda ad una sbronza colossale ed a crampi allo stomaco lancinanti, improvvisò per una buona oretta una splendida camminata alla Celentano ubriaco.
Ogni anno una sorpresa insomma. E quest'anno, che sorprese ci riserverà?


lunedì 31 ottobre 2011

I Tre Moschettieri, capolavoro assoluto


Quando tanti anni fa vidi per la prima volta (e fortunatamente anche per l'ultima) La Leggenda Degli Uomini Straordinari con Sean Connery pensai che nessun film avrebbe potuto superare un simile capolavoro; si, capolavoro del bruttume. Era assolutamente impossibile creare una puttanata più grossa, ne ero certo.
Tutte le mie certezze sono crollate ieri sera, quando in una serata cineforum gentilmente ospitata dalla Stefy, abbiamo scelto di vedere I Tre Moschettieri.
I Tre Moschettieri è un film veramente incredibile. Andrebbe visto almeno una volta da tutti, dico seriamente, per mostrare tutto ciò che ci può essere di sbagliato nella produzione di un film: dalla regia, al cast, ai costumi, I Tre Moschettieri non sbaglia un colpo, o meglio, li sbaglia tutti.
Ma è la sceneggiatura il vero fiore all'occhiello di questo film. Eh si, perchè chiunque l'abbia scritta (non mi prendo nemmeno la premura di andare a controllare chi sia stato) ha pensato: "Perchè utilizzare la trama originale di Dumas, quel magnifico capolavoro di libro? Molto meglio utilizzare il titolo del volume e poi ficcarci dentro un pò di assurdità, tipo -che ne so- delle navi volanti inventante da Leonardo Da Vinci!". Già, ci sono anche le navi volanti in questo prodigio cinematografico.
Fatto sta che invece che girare una bella trasposizione cinematografica di un grande classico con un intreccio di primissima qualità s'è pensato bene di tirare fuori la classica 'americanata' moltiplicandola per mille e generando una specie di miscuglio fra Pirati Dei Caraibi, Wild Wild West e -appunto- La Leggenda Degli Uomini Straordinari, conservando di fatto solo lo scheletro della trama originale di Dumas e, sfortunatamente, il titolo: i Tre Moschettieri. Perchè alla fine la cosa che mette tristezza è proprio quella, il vedere distrutta una splendida opera in favore di un film che a dargli 3 in pagella gli si fa già un regalone.
Ma passiamo ad una rapida rassegna delle migliori perle del film (spero di ricordarle tutte, se ne dimentico qualcuna inseritela nei commenti):

- Le già citate navi volanti, ideate da Leonardo Da Vinci (???), elemento essenziale per lo sviluppo della trama del film;
- I moschettieri supereroi che vanno a Venezia (???) e si fottono i piani per costruire le navi volanti, in nome della Francia (e l'Italia nel frattempo ringrazia immagino);
- Gli scontro 4 vs 40, naturalmente con i "cattivi" che si affannano come dannati per ferire i nostri beniamini, mentre quest'ultimi mietono vittime e creano orfani bevendosi caffè, grattandosi i testicoli e facendo i poliponi con belle ragazze dal seno prosperoso;
- D'Artagnan, coetaneo di Justin Bieber, che fa il figo manco fosse Batman, che si becca numerosi pali in faccia da Costanza salvo poi farsi una trasferta Parigi - Londra - Parigi rischiando la pellaccia in cambio di un bacio e convinto di essere in presenza dell'amore vero. A me sembrava prostituzione più che altro, sarò io che non sono un romanticone!
- Il Re francese, un culattone palese che però ha una cotta per la Regina ma non sa come rivelare i suoi sentimenti (???). Veste come un frequentatore assiduo dell'Art ma dichiara comunque di essere etero. Al posto di governare pensa ai vestiti. Mah!
- I bagnini (e qua solo chi l'ha visto sa di cosa parlo), e quel povero malcapitato che, arrivato all'ultimo giorno di lavoro dopo 40 anni immerso in una piscina fino alle cosce si vede privare di un anzianità tranquilla e serena a badare ai nipotini da un palo che gli precipita in testa dopo essere stato urtato da una nave gigante (è tutto vero, non sono sbronzo!);
- Milla Jovovich che fa il puttanone a destra e manca, e Orlando Bloom che più che Buckingham sembra George Michael appena uscito da un party di Elton John.

In sintesi, ma che cazzo di film!
Da rivedere assolutamente! :D



martedì 25 ottobre 2011

Considerazioni su Nonciclopedia e la morte di Simoncelli



Cerchiamo di seguire un ordine cronologico.
Circa due settimane fa Nonciclopedia chiudeva, autocensurandosi, a seguito di una denuncia sporta dagli avvocati di Vasco Rossi, per diffamazione (o qualcosa di simile, ma non è quello il punto). L'ingiustizia pareva evidente a tutto il popolo del web, poichè i gestori di Nonciclopedia sostenevano di aver tentato una mediazione più e più volte senza riuscire mai ad avere un feedback da parte dei legali del celebre "rocker" (rigorosamente virgolettato).
Com'è finita? Si è scatenata l'ira feroce della rete a difesa della nobile Nonciclopedia (l'hashtag #vascomerda su Twitter è stato tendenza mondiale per quasi ventiquattro ore) e dopo qualche giorno è stata siglata la pace fra i due contendenti. Vasco (o chi per lui) forse s'era reso conto di aver pisciato fuori dalla tazza.
Ora facciamo un passo avanti. Lo saprete tutti immagino, domenica scorsa un ragazzo di soli 24 anni, solare, raggiante, folle, ha perso la vita sul circuito di Sepang, in Malesia. Beffa del destino, molto probabilmente a privarlo della sua immensa voglia di vivere è stato proprio un amico fraterno, quella campione cui il ragazzo di 24 anni aspirava a diventare.
Ovviamente è esploso immediatamente il cordoglio sul web, superando addirittura i livelli raggiunti da Jobs, ed a mio parere ci stava tutto questo scoramento e questa disperazione, poichè Simoncelli era un ragazzo che trasmetteva una simpatia innata e di conseguenza la sua morte ha scosso parecchio l'opinione pubblica.
Nonciclopedia a questo punto ha fatto il suo dovere, ironizzando su questa triste vicenda come sempre, facendo forse dell'humor un pò nero ma comunque cercando di sdrammatizzare e mantenendosì imparziale nel suo ruolo di "perculatrice" di ogni persona, oggetto o animale esistente sul pianeta. Nè più nè meno di quello che c'era da aspettarsi.
Ma il popolo web come l'ha presa? Male. Ho visto molte persone scagliarsi indignate contro la stessa istituzione che difendevano a spada tratta solo due settimane prima. I social network, Facebook e Twitter in prima linea, sono della brutte bestie poichè stimolano l'ipocrisia della gente. Perchè di ipocrisia si tratta. Quella battuta altro non era che un modo per sdrammatizzare la morte, per prenderla in giro, per cercare di allontanare la paura della morte stessa che molti di noi provano.
A mio avviso, Nonciclopedia ha semplicemente fatto una battuta, e pure divertente a ben vedere. Sono certo che lo stesso Simoncelli leggendola avrebbe riso sparando un "diobò!". E allora fatevela anche voi una risata, su!

Se volete leggere la battuta incriminata: http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/23_ottobre

Se invece volete insultarmi, fatelo di persona, preferisco :)

martedì 18 ottobre 2011

Racconti mai dimenticati dal CRAL (2): Palla Preziosa

Premessa: trattasi di una versione romanzata di avvenimenti realmente successi. I nomi dei protagonisti sono stati leggermente modificati per evitare di citare direttamente gli interessati alle vicende. Ci tengo a sottolineare che gli eventi narrati non andarono mai in maniera molto diversa da quanto ho riportato.

Il link alla prima parte lo trovate qua sotto:
1. La Nascita di Vomit

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Al Circolo, Vomit non era certo una delle personalità più rilevanti. Certo, era salito agli onori della cronaca con un colpo da maestro, un gesto paragonabile al segnare il gol del vantaggio in rovesciata al 93esimo o al riuscire a seguire una puntata di Unomattina condotta da Luca Giurato senza scoppiare a ridere; ma non era sufficiente una fiammata imperiosa per diventare una celebrità al Circolo, ci voleva regolarità e costanza per rimanere nel cuore della gente.
L’incarnazione perfetta di questa filosofia fu senza ombra di dubbio Palla Preziosa.
Il nome, come facilmente intuibile, derivava dall’incredibile attaccamento di questo personaggio verso il suo personale pallone da calcetto, che si portava tutti i giorni appresso assieme al fratello minore (e non viceversa, si badi bene!), che per comodità di narrazione verrà chiamato Palla Preziosa Junior.
La palla in questione, oltre ad essere, come già detto, da calcetto e quindi leggermente più piccola rispetto agli standard, aveva la particolarità di essere gonfiata -quotidianamente ipotizzavamo noi maligni- alla pressione di 800 atmosfere. In simili condizioni estreme, ne risultava una piccola sfera dura come un diamante e con una massa pari a quella di Plutone, tanto che facendo la classica prova del rimbalzo degli arbitri di basket -lasciar cadere la palla tenendo il braccio sollevato sopra la testa- questa precipitava al suolo rimbalzando sul cemento del Polivalente con un rumore secco e sordo (come se qualcuno avesse tirato una martellata al pavimento) crepando il pavimento, e si risollevava da terra al massimo di una decina di centimetri: praticamente aveva la stessa elasticità di un mattone di terracotta!
Pur essendo una palla di merda, Palla Preziosa ne era geloso come se fosse un figlio ed non passava giornata al Circolo senza che lui e suo fratello non facessero una sfida a Portine sul terreno di gioco rosso sangue sbiadito con quella sfera di cemento armato. Li potevi trovare su quel campo a lanciarsi staffilate del peso di 20 kg ad ogni ora del giorno; a volte li trovavamo già intenti a giocare prima dell’una del pomeriggio, sotto un sole che avrebbe potuto sciogliere un sasso. Erano inverosimili, anche per i nostri standard di stupidità estrema.
Ma le sfumature leggendarie del mito di questa palla non si limitavano certo a questo: l’aspetto veramente incredibile è che passavano gli anni ma quella cosa continua a resistere contro ogni sventura, mentre noi consumavamo palloni con lo stesso ritmo con cui Galeazzi assume calorie.
Va detto, a nostra difesa, che era davvero difficile fare della prevenzione efficiente contro le due principali cause di decesso dei nostri supporti allo svago, ossia l’usura e lo smarrimento. La prima era quasi inevitabile poiché le condizioni di gioco erano proibitive per qualunque pallone: un fondale abrasivo che graffiava anche il cuoio più resistente e le cannonate che alcuni di noi sparavano non erano esattamente un toccasana per le nostre palle da calcio. Riguardo al secondo problema invece, lo smarrimento, interveniva prepotentemente il fattore di degrado del Polivalente. Esso era infatti coperto sui due lati più vulnerabili da reti alte una quindicina di metri, e quindi palesemente insufficienti per i cosiddetti “tiri a banana” che spesso se ne uscivano dai piedi dei ragazzi del Circolo (anche dai migliori, sia chiaro); oltre a ciò, le reti erano piene di buchi e fessurazioni causate dal tempo, tanto da far sembrare quelle protezioni simili a delle calze da prostituta piene di smagliature. Fatto sta che vuoi le protezioni inadeguate, vuoi delle abilità calcistiche medie non proprio comparabili con quelle di Messi, i palloni spesso finivano in strada, disperse nei fossi o peggio ancora dai “Matti” (un area dismessa a fianco del Polivalente, estremamente perigliosa da raggiungere, che descriverò meglio in seguito) e noi dovevamo continuamente procacciarci palle nuove.
La vita media di una sfera di cuoio era al massimo di quindici giorni. La “Palla Preziosa” è durata per almeno sette anni. Inverosimile, come i proprietari.
Il motivo di una così notevole longevità comunque era molto semplice: Palla Preziosa teneva in modo ossessivo, oserei dire maniacale, alla propria palla. Ricordo che era praticamente impossibile utilizzarla nella partite a calcetto, perché il proprietario lo proibiva con fermezza. Non che a noi piacesse molto dover calciare un sampietrino del diametro di una spanna circa, ma a volte fra una dipartita di un pallone e il successivo “ritrovamento” di un altro intercorreva un lasso di uno - due giorni in cui rimanevamo a piedi ed allora Palla Preziosa tornava utile. Ma convincerlo era una faticaccia terribile, manco dovessimo tentare di far capire ad Alberto Tomba il Teorema di De L'Hopital.
La cosa però non mancava di darci maligne soddisfazioni, naturalmente.
Ricordo ancora la prima volta che convincemmo Palla Preziosa a prestarci la sua amata per una partita di calcetto; eravamo in dispari con il proprietario del pallone per cui coinvolgemmo anche suo fratello nonostante fosse più giovane di noi. Era comunque dell’età di Scimmietta più o meno, per cui non rappresentava un grosso problema; semplicemente non gliel’avremmo mai passata. Malauguratamente per lui però, in una fase di gioco convulsa proprio davanti all’area della squadra in cui militavano i due fratelli, per spazzare e liberare la difesa, il minore tirò una ciabattata con una coordinazione degna di Jury Chechi -si, ma ubriaco- che fece impennare la sfera in alto con una traiettoria a perfetta campana, che si concluse inevitabilmente al di là della rete che divideva il Polivalente dai “Matti”, per un perfetto scherzo del destino.
Palla Preziosa Junior divenne una maschera di gesso, immobile, terrorizzato, mentre tutti noi, girati verso il fratello, vedemmo l’occhio di Palla Preziosa Senior dilatarsi e riempirsi di panico puro, una paura nera e torbida come il petrolio. Il tempo di sbraitare un “Ale! Sa ghet fat?!” e il proprietario della sfera di cuoio dispersa schizzò verso l’uscita del Circolo correndo come un bufalo (ebbene sì, non era propriamente un fuscello) per recuperare la sua amata, lasciando sul posto una nuvoletta di polvere in pieno stile Looney Toons. Mai visto un ragazzo impanicarsi tanto per una palla da recuperare; solitamente c’era da litigare per scegliere chi doveva incaricarsi del tentativo di recupero.
Ma non era solo il magico pallone a caratterizzare Palla Preziosa, perché poco dopo averlo mitizzato per il suo morboso attaccamento, ci sfoggiò un’altra perla che finì col consacrarlo come uno dei personaggi più caratteristici del Circolo, amato e benvoluto, e nonostante ciò perculato.
Una giornata come un’altra, con i ragazzi intenti a sfidarsi nel solito match di calcetto sotto il sole africano delle tre; la partita era combattuta -come quasi sempre d’altronde- e persino Palla Preziosa ci metteva del suo con impegno, nonostante un abilità calcistica non proprio degna di nota. La divisa era quasi fantozziana da tanto era ricercata: boxer da bagno “ascellari” (impossibile trovare un aggettivo migliore di quello inventato da Villaggio), canottiera in tessuto sintetico nonostante i 50° C e occhiali da vista calcati sul naso, rischiosissimo visto il modo rude di giocare che caratterizzava ogni sfida sul Polivalente.
Ad un certo punto qualcuno della squadra avversaria -non ricordo esattamente chi, forse Toro Nero- cercò il Jolly con una bordata verso la porta calciata appena oltre la metà campo ma il tiro sfortunatamente andò a schiantarsi contro il viso di Palla Preziosa, mandando letteralmente in mille pezzi gli occhiali da vista e facendo crollare al suolo lungo disteso il malcapitato. I più caritatevoli si precipitarono a rialzarlo mentre lui rintontito scuoteva la testa per riprendersi dalla botta pazzesca, i più bastardi invece sghignazzavano come iene per l’ilarità della scena cui avevano appena assistito. I più rimanevano perplessi invece dagli occhiali che, vero che il tiro era potente, si erano sbriciolati con un po’ troppa facilità. Ovviamente i maligni ridevano anche di questo.
Ma le sorprese non erano finite. Palla Preziosa, sollevatosi a fatica da terra, iniziò a perlustrare il campo da gioco per raccattare tutti i pezzi e, dopo averli ritrovati tutti, con un gesto fulmineo delle mani, quasi come il gesticolare di un mago per distrarre il pubblico mentre sfila la carta dalla manica, rimontò gli occhiali che tornarono in men che non si dica nuovi, come se nulla fosse accaduto.
Rimanemmo tutti a bocca aperta, a “catà le musche” per dirla in dialetto, e quei magici prodigi furono chiamati da allora gli Occhiali dell’Ispettore Gadget.


Una raffigurazione teorica della preziosissima palla


sabato 8 ottobre 2011

Mela morsicata o segnapassi?



Pochi giorni fa è morto un grande uomo. Con le sue idee ha migliorato la qualità di vita di tutta l'umanità, rivoluzionando il settore di sua competenza. Se pensate che stia parlando di Steve Jobs, la (X) là in alto per chiudere la finestra è la strada che fa per voi.
Mi sto riferendo a Wilson Greatbatch, l'inventore del pacemaker, un oggetto che ha permesso negli ultimi cinquant'anni di salvare migliaia, forse milioni, di vite.
Ora, fino alla sua morte nemmeno io sapevo chi fosse Wilson Greatbatch. Ma non è questo il punto.
Noi in questi giorni preferiamo osannare l'inventore dell'iPhone piuttosto che dare la giusta visibilità a chi ha contribuito molto al bene dell'umanità. E, sarò matto io, ma ci vedo qualcosa di profondamente sbagliato.
Steve Jobs, non mi stancherò mai di ripeterlo, è stato un grande uomo. Ha ideato strumenti eccezionali che tutt'oggi non hanno concorrenti nel mercato. Quello che mi infastidisce oltremodo è la beatificazione di quello che a conti fatti è stato solo un grandissimo imprenditore, a cui si sta assistendo in questi giorni senza sosta da parte dei media e da parte di tutti in generale (basta scrollare le pagine di facebook o twitter). Vengono citate frasi di Jobs manco fosse Jim Morrison ("stay hungry stay foolish" non è nemmeno sua a ben vedere), c'è chi addirittura lo paragona a Leonardo Da Vinci (da brivido il raffronto), c'è pure chi s'è messo a fare le veglie funebri davanti agli Apple Store.
La società moderna ha bisogno di mitizzare e Steve Jobs è l'emblema perfetto per questo istinto umano malsano. L'istinto del consumismo, come una bestia famelica, nero, feroce, torna sempre a galla.
Ed intanto l'inventore del pacemaker deve accontentarsi di un articoletto a fondo pagina sui siti d'infomazione. Chissà, forse se Steve Jobs avesse avuto bisogno di un pacemaker, Wilson Greatbatch avrebbe avuto più visibilità. Chissà.

martedì 13 settembre 2011

Racconti mai dimenticati dal CRAL (1): la nascita di Vomit


Premessa: trattasi di una versione romanzata di un avvenimento realmente successo. I nomi dei protagonisti della storia sono stai leggermente modificati per evitare di citare direttamente gli interessati alla vicenda. Ci tengo a sottolineare che le cose quel giorno non andarono in maniera molto diversa da quanto ho riportato.

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Era un pomeriggio come un altro al Circolo, una di quelle giornate da cui non ti aspetti niente se non la classica afosa routine estiva. La routine al Circolo non è mai stata qualcosa di banale, intendiamoci, perché fra tutte le varie attività ricreative, e gli sfottò che ne venivano di conseguenza, risultava difficile annoiarsi; diciamo però che nessuno si sarebbe mai aspettato di assistere ad uno degli eventi più significativi di quegli anni in quel caldo e appiccicoso pomeriggio cremonese.
Eravamo come al solito nella nostra location preferita, il Polivalente. Perché lo chiamassimo così ancora adesso non lo so visto che, pur trattandosi in effetti di un campo da gioco dedicato a più discipline -calcio, basket, pallavolo e tennis-, veniva monopolizzato per tutta la durata dei mesi estivi dal nobile giuoco calcio, concedendo ai canestri da basket mobili di stare a bordo campo (esattamente dietro le porte) e abolendo istituzionalmente la possibilità di giocare a pallavolo o a tennis (per quegli sport c’erano aree meglio attrezzate dentro il Circolo). Capite bene che avremmo potuto quindi chiamarlo semplicemente campo da calcio senza fare un torto a nessuno, ma a noi piaceva definirlo così, Polivalente, forse perché gli dava una aura più prestigiosa, più interessante.
Sulla spianata di cemento colorata di rosso (dipinta così sia per una curiosa scelta di verniciatura sia per le innumerevoli sbucciature di ginocchia che ha causato nel corso degli anni) si stavano sfidando a Portine in due contro due Spaccaossa e il Gobbo contro Palla Preziosa e suo fratello.
Normalmente starei raccontando la storia di una goleada da parte dei primi due, la cui superiorità sul campo da gioco era indubbia quando si trattava di giocare a Portine, soprattutto visto che al posto dei piedi montavano due cannoni da contraerea Bofors con proiettili da 40mm con cui sparavano delle bordate pazzesche a cui solo i più temerari riuscivano a opporre una mano oppure una gamba, il più delle volte rimanendo gravemente feriti per il resto della giornata. La normalità però quel giorno era andata a farsi un giro al parco ed, in un clima reso irrequieto dai musi lunghi di Spaccaossa e Gobbo, i fratelli Palla Preziosa dominavano il match con due reti di vantaggio e con una sola realizzazione alla chiusura dell’incontro.
La coppia Spacca-Gobbo, stizzita dall’inaspettato passivo, aveva perso la concentrazione e con la mira andata a farsi benedire seguitava a sparare missili balistici contro il muro dietro la porta dove un piccolo capannello di persone cercava di farsi due tiri a basket rischiando la vita ad ogni tiro che mancava lo specchio della porta.
Fra questi, oltre all’immancabile Hashish -guru dei cestisti del Circolo-, quel giorno c’era un ragazzino moro poco più giovane di noi, forse un paio d’anni, che non conoscevamo molto perché si faceva vedere poco dalle nostre parti ma che ogni tanto veniva al Polivalente sapendo che alcuni di noi ingannavano il tempo fra una partita di calcio e l’altra con qualche tiro a canestro.
Io osservavo con la coda dell’occhio il gruppetto di cestisti seduto su una delle panche di cemento armato addossate al muro -di una scomodità disumana ma freschissime perché sempre all’ombra per tutto il pomeriggio- a ridosso di un immaginario margine di sicurezza dai bolidi che fischiavano dal campo, un margine che avevo imparato anni prima, a mie spese, e che s’era rivelato spesso esatto. Da lì potevo godermi contemporaneamente la frescura dell’ombra, i ragazzi che giocano a basket ma soprattutto potevo osservare con attenzione la sfida a Portine e perculare con fare pedante Spaccaossa e Gobbo. Scimmia, seduto fianco a me, mi dava man forte per una semplice ragione: la prossima sfida l’avremmo giocata io e lui contro i vincenti del match corrente e preferivamo di gran lunga dover affrontare i Palla Preziosa Brothers rispetto a quelle due batterie di missili terra-aria che continuavano ad ammaccare il muro dietro la porta senza mostrare il minimo segno di cedimento fisico, lisciando il pelo dei cestiti che ammiravo sempre di più per il grande coraggio. O forse era solo incoscienza.
L’obiettivo preferito degli sfottò era in particolare Gobbo perché, a differenza di Spaccaossa che aveva la risposta pronta e la lingua tagliente tanto quanto la nostra, sembrava sempre accusare maggiormente le prese in giro, innervosendosi ogni secondo di più e peggiorando di conseguenza in maniera progressiva le proprie performance: il muro cominciava infatti a mostrare delle crepe vistose ed i fratelli Palla Preziosa gongolavano certi dell’imminente vittoria.  
"Hai i piedi a banana, Gobbo!", vociò Scimmia, con quella sue vocetta un po’ stridula ed irritante che si prestava in maniera eccellente all’opera di corrosione della concentrazione altrui. Per tutta risposta Gobbo lo fissò truce senza fiatare, la palla davanti a lui, e presa una breve rincorsa, mandò il pallone a stamparsi contro il palo, che vibrò energicamente per qualche secondo. Gobbo si limitò a reagire a quell’episodio di sfortuna con un ringhio sommesso.
"Per segnare devi buttarla dentro i pali, non SUI pali", urlai strafottente io per appesantire il carico.
Nel mentre i cestisti continuavano a fare tiri a casaccio per passare il tempo, quand’ecco ad un certo punto il ragazzino moro tentare un improbabile tiro da tre punti da distanza siderale. Il tiro, non esattamente un fiore della tecnica cestistica, si stampò clamorosamente sul ferro ed il pallone rimbalzò mestamente nel campo da calcio finendo nella metà campo di Spacca e Gobbo, il quale con un altro ringhio sommesso afferrò il pallone con le mani e lo riconsegnò ai giocatori di basket. Credo che mancasse poco al vedere del fumo uscire dalle orecchie di Gobbo.
Quel tiro sfortunato era perfetto in quel momento, un’ulteriore occasione per innervosire la coppia in svantaggio. Ed il destino decise che aveva voglia di scherzare con questa cosa perché pochi secondi dopo la palla da basket ruzzolò nuovamente nel campo da calcio. Ancora Gobbo prese il pallone ed in malo modo lo lanciò ai giocatori di basket sbraitandogli contro un "La mocum?".
Purtroppo il ragazzino moro, non avvezzo agli stereotipi comportamentali della nostra compagnia, non prese seriamente l’avvertimento; chiunque altro a quel punto si sarebbe accorto che era ora di piantarla, Gobbo era più furente di un toro ad una corrida ed in maniera analoga non aspettava altro che un pretesto per attaccare. Pretesto che arrivò poco dopo.
Il ragazzino tentò ancora la tripla, con il pallone che si stampò nuovamente sul ferro e rovinò sul terreno di gioco. Temerario, o forse più semplicemente stupido, il ragazzo azzardò anche un "Palla!" per richiamare l’attenzione di Gobbo. Gesto superfluo.
Gobbo stava già caricando il tiro assumendo una posizione che ricordava incredibilmente tanto quella di Mark Lenders quando esibiva il Tiro della Tigre: busto sporto in avanti al limite dell’equilibrio, baricentro sbilanciato e gamba destra sollevata dietro la schiena per imprimere più forza possibile al pallone.
Vedendolo pensai: “Non può volerlo fare veramente”.
Ed invece lo fece.
Impattò la palla da basket che avanza rimbalzando verso di lui al volo, trasmettendo ancora più forza al tiro. Ne risultò una sassata pazzesca, ai limite dell’umana percezione, un tiro che probabilmente avrebbe fatto impallidire anche Roberto Carlos. Una mina che si diresse con una traiettoria perfettamente diritta esattamente contro lo stomaco del ragazzino moro, il quale inizialmente rimase completamente senza fiato per almeno dieci secondi; poi la pelle del suo viso cominciò ad assumere un colorito strano, sul verdognolo, mentre lui barcollava stordito dalla botta pazzesca appena presa.
Pensai nuovamente la stessa frase di pochi secondi prima: “Non può volerlo fare veramente”.
Ed invece, pure lui, lo fece.
In un silenzio agghiacciante vomitò l’anima sul Polivalente del Circolo.
Nacque così per lui, appositamente creato quel giorno, il soprannome di Vomit, soprannome che tuttora si porta appresso a sua insaputa. Quel giorno Gobbo, inconsapevolmente, creò un mito destinato a durare degli anni e contemporaneamente condannato a finire nell’immenso calderone di cazzate che combinammo in quegli anni, risultando quasi anonimo se paragonato con il resto delle esperienze fantasmagoriche del Circolo. Del Circolo Ricreativo Adolescenti Lesi.

giovedì 8 settembre 2011

Hospital's life


Non posso negare riflettendo a mente fredda che l'esperienza ospedaliera della settimane passate sia comunque, in ogni caso, un esperienza. Non dico bella, assolutamente, perchè le belle esperienze sono altre -che ne so, picchiare Borghezio a morte per strada o ritrovare due euri nel cappotto dimenticati dall'inverno precedente- ma comunque s'è trattato di una cosa nuova per me e mi sembra giusta riportarla sul blog. Ma c'è un problema di fondo nello scrivere questo intervento, un problema molto molto stupido. Ho preso un impegno con il Ghido per testare la sua abilità di medico (o forse dovrei dire la sua ciarlataneria) e quindi siamo rimasti d'accordo che la prima volta che ci vedremo io gli esporrò i sintomi ed il risultato dei principali accertamenti che ho eseguito e lui dovrà indovinare la diagnosi. Mi sento di aiutarlo e gli rivelo in questa sede che non si tratta di Lupus; così facendo rendo implictamente vana la visione di tutte le stagioni del dottor House che s'è sparato in vita sua. Tiè! Tornando all'argomento principale del blog, l'esperienza ospedaliera, mi sento di tradurla in forma di Top Five presentando la classifica con lo stesso entusiasmo di un Daniele Bossari di una volta ma con meno faccia di culo (il che non è per niente difficile). Pensate voi a piazzarvi Whole Lotta Love dei Led Zeppelin come sottofondo musicale, per rendere più piacevole la lettura.

5° posto - Il primo compagno di sventure e di camera, Ernestino. Praticamente paralizzato, poveraccio, ma dotato ancora di una verve frizzante e di uno spirito da rompicoglioni professionista. Con il mangiare non andava bene niente perchè Ernestino voleva solo la pastasciutta, sottolineando OGNI fottuto giorno che lui mangia pasta da 40 anni. Pranzo e cena, per 4 giorni me l'ha ricordato, manco fossi arterio-sclerotico. Aveva l'innata capacità di addormentarsi continuamente nonostante foste svegliato ogni 10 minuti da qualcuno: una volta il medico, l'altra volta l'infermiera, l'altra volta ancora il fisioterapista, poi la moglie, via il fratello, eccetera eccetera. Ma lui niente, 20 secondi dopo essere stato svegliato ed aver risposto bruscamente alle domande, tac! ripiombava nel sonno. Il suo spirito mordace non è stato leso nemmeno quando gli infermieri, al terzo giorno di stitichezza, gli hanno infilato una peretta su per il culo senza troppi complimenti. Eroico rompicoglioni.

4° posto - Le sveglie dei primi cinque giorni alle 5 del mattino. Sei li che ti stai godendo un minimo di sonno disturbato dalla luce in corridoio e dal sommesso russare di Ernestino che nonostante i tappi ti penetra le orecchie quando ecco che uno trittico di infermieri entra al passo di marcia stile SS accendendo le luci della stanza per verificare che il tuo vicino di stanza non si sia bagnato durante la notte. Per quattro notti l'eroico Ernestino non s'è mai bagnato, la quinta notte lo squadrone SS è entrato in pompa magna scordandosi che il paziente era già stato dimesso. Svegli e attenti.

3° posto - Il purè dell'ospedale. Il nemico lo conoscevo già perchè è lo stesso che servono nella mensa dei dipendenti, e avrei dato un occhio per poterlo evitare ma purtroppo i primi due giorni, non potendo scegliere ancora in menù, m'è toccato sorbirmelo. Viene presentato come una gigantesca pallina gelato, con la consistenza del cemento armato appena seccato. Ho visto un signore infilarci dentro la forchetta e lanciarlo a mò di catapulta per il corridoio: ha ucciso un infermiere e ferito gravemente due inservienti. Novelle cousine.

2° posto - Ti sei appena addormentato, godendoti il lusso di una singola visto che Ernestino è stato dimesso il giorno precedente. Mentalmente assapori la possibilità di riuscire a dormire ininterrottamente per un buon numero di ore, fino alla sveglia delle sei e mezza con misura della pressione annessa. Sei quasi felice in quel momento, perchè sei un inguaribile ottimista, ma sei anche un fottuto illuso. A mezzanotte vengo svegliato perchè c'è bisogno della stanza, è appena arrivata una signora dal pronto soccorso ed i posti letto donna sono finiti. Vengo spostato, ancora mezzo rintontito, in camera con un signore che non russa, emette piuttosto un suono simile a quello di un treno merci che percorre dei binari arruginiti e poco saldati a terra. I tappi per le orecchie sono completamente inutili e la nuova stanza è così piccola che praticamente dormo abbracciato a questo tizio, che s'è preso pure la premura di dormire girato di lato verso di me per offrirmi un acustica migliore. Resisto, cerco di addormentarmi ma niente, ed allora inizio con dei versi tipo cicale (Garo docet) per farlo smettere ma non funziona. Dopo un ora, esasperato arrivo ad applaudirgli a due centimetri dal naso ma lui zero, continua imperterrito il suo viaggio col suo bel treno merci. Alle due un infermiere che passa di li e mi vede con gli occhi sbarrati ed un inedito tic nervoso all'angolo della palpebra mi dice che se voglio posso andare a dormire nella stanza del Day Hospital. Quasi lo abbraccio da tanto sono commosso. Ah, il giorno successivo ho scoperto che il signore era sordo. Forse solo in quel modo riusciva a non svegliarsi sentendosi russare. Treno merci.

1° posto - La simpaticissima signora Curiosona. Il nome non l'ho mai imparato, forse perchè fin dall'inizio non m'è stata molto in grazia. Fatto sta che per ben 9 giorni questa gentilissima signora s'è affacciata alla porta di camera mia, per sapere come stavo, se mi avevano fatto gli esami, quando mi dimettevano, il mio numero di carta di credito, gli anni della mia ragazza, il nome del ragazzino con cui m'ero attaccato alle elementari e quant'altro. E nulla poteva fermarla se entrava nella stanza, nemmeno il fatto che stessi guardando un film o ascoltando della musica con gli auricolari; addirittura una volta è arrivata a svegliarmi per assillarmi con le sue domande. Era più fastidiosa di un gatto attaccato ai testicoli e soprattutto secondo me menava più gramo di Filini nell'epopea di Fantozzi. Curiosona è uscita il giorno prima di me, ed è stata una lunga degenza soprattutto per merito suo. Amabilmente scassapalle.

giovedì 4 agosto 2011

Mirapuri, Spirit Of Woodstock Festival



Ebbene, dopo il mio terzo anno di partecipazione, credo che sia finalmente giunto il momento di spiegare con esattezza cosa sia lo Spirit Of Woodstock Festival, anche se risulterà difficile conciliare la precisione da cronista navigato che mi contraddistingue (?) con la natura del festival di stanza a Coiromonte. Partire proprio dalla location per cercare di mantenere un minimo di filo logico in un post che al termine, secondo me, sarà sconnesso ed incongruente quanto Mirapuri stesso (o stessa) può essere un buono spunto; ed in fondo il bello di Mirapuri è anche l'essere superpartes rispetto alla logica, per cui fidatevi. Se non vi sta bene, la X là in alto a destra vi permetterà di debellare facilmente il problema di dover leggere queste righe.
Dicevamo dunque, la location. Coiromonte è un indubbiamente buco, un paesino abbarbicato sul fianco di una delle numerose colline che circondano il lago d'Orta; è abitato da ben 73 abitanti (stando ad una stima reperita su google) e, new entry di quest'anno, da un numero imprecisato di piccole cavallette dal colore verde/nero con la cattiva abitudine di defecare sulle tende da campeggio della gente. Questa piccola frazione vanta anche una manciata di casupole stipate fra di loro in maniera assurda -quasi mirino a congiungersi tutte in unica, gigantesca maxicasa-, una chiesa, un circolo che rappresenta l'unica fonte di intrattenimento del paese, una fonte d'acqua freschissima ("Chi beve a questa fonte ritorna a Coiromonte" campeggia a caratteri cubitali sopra i guizzi d'acqua) ed un albergo, dove si svolge il festival, gestito dalla famiglia e dallo staff di un curioso tizio di nome Michel Montecrossa.
Costui è un soggetto davvero singolare: di origine tedesca, compie un viaggio da giovane in India dove conosce un santone indiano, Sri Aurobindo, e sua moglie, tale Mira Alfassa detta La Madre (la creatrice del cosiddetto Yoga integrale). Michel si fa influenzare molto da questi due personaggi strani almeno quanto lui (e probabilmente anche di più), che sembrano estratti quasi da un clichè new age, e si convince che è necessario -ma che dico necessario- indispensabile creare una comunità chiamata Mirapuri, una specie di Mecca per l'uomo moderno in pace con i sensi e con il mondo, con una coscienza spirituale espansa, ed tutta una serie di altre cazzabubbole del genere. Per farlo mette su un albergo, un ristorante, un agriturismo macrobiotico ed altri mille centri che presi tutti assieme fanno il complesso di Mirapuri. Ma non finisce mica qua, che vi credete? Le stramberie di Montecrossa superano l'inimmaginabile e sfociano ogni anno nell'organizzazione di eventi variegati nella comunità di Mirapuri: si va dai festival musicali fino alla rassegne cinematografiche, passando per raduni spirituali, incontri di Yoga, ecc ecc. Praticamente un immenso apparato new age nel bel mezzo della provincia di Novara. Inverosimile! :D
Come avrete capito tutta questa pappardella gigantesca serviva ad introdurre l'evento musicale che da ben 19 anni (!) Michel Montecrossa organizza nel suo albergo: lo Spirit Of Woodstock Festival. Si tratta di una maratona musicale della durata di 10 giorni in cui la maggiorparte delle volte sono più numerose le persone sul palco che la gente giù ad ascoltare (eccezion fatta per i weekend dove la popolosità aumenta un pochino). Nonostante il seguito non foltissimo, il festival è organizzato piuttosto bene e mette a disposizione, oltre ad un ottima cucina bavarese, tre palchi di cui uno dedicato al gruppo di Montecrossa. Ah già, mi ero scordato di questo dettaglio: Michel Montecrossa ha anche un gruppo tutto suo, i Chosen Few (potete amnmirarli nella foto), che viaggia su sonorità cyber-rock, molto psichedelico. Ora, che cosa sia il cyber-rock di preciso non lo so, però ho appreso durante i tre anni trascorsi a Mirapuri che Michel Montecrossa and the chosen few DEVONO suonare 2 volte al giorno, all'apertura ed alla chiusura della serata di festival, il che, facendo un rapido calcolo, comporta ben 20 concerti spalmati per tutta la durata del festival.

Michel Montecrossa and The Chosen Few

Fosse quello il problema! Michel Montecrossa e i Chosen Few sono da una parte fenomenali, dall'altra ridicoli: fenomenali perchè si vede che ci credono, che vedono la musica in maniera diversa rispetto ai soliti standard, considerandola un mezzo di comunicazione e di elevazione dell'uomo; ridicoli perchè la musica sembra perennemente suonata in playback, i membri del gruppo sono agghindati in maniera oscena ed il pubblico è forse anche più squinternato della band stessa. Vi assicuro però che il risultato è pregevole. Soprattutto se si è sbronzi.
Scherzi a parte, il punto è proprio questo: Michel Montecrossa e la sua crew rispecchiano fedelmente lo spirito ed il bello del festival, e cioè l'essere "alla mano", senza pretese. Ci si va per divertirsi e sballarsi un pò, volendo anche per sentire un pò di musica anche se io onestamente non ricordo un solo gruppo tranne i Vortice di Nulla per cui sono sempre salito fino a Coiromonte, e che quest'anno ho pure mancato.
Questa natura gioviale e bonacciona del festival è sfociata in momenti topici non da poco nel corso dei miei tre anni di partecipazione, e voglio riportarvene qualcuno a mò di esempio del vero Spirit of Woodstock (l'ordine è cronologico, anche se non me la sento di garantire sulla veridicità della successione):

Anno 2009:
- Sulla strada per Coiromonte, si passa da un paese chiamato Vezzo. A me hanno dedicato un paese, al Grana un formaggio. Touchè, caro il mio Barone Conte;
- La prima visione di Michel Montecrossa sul palco, il livello di trash utopico dei membri del gruppo, il gasamento a mille con la canzone "Ja ja ja ja ja" (il titolo originale non l'ho mai scoperto);
- Luca che collassa in mezzo al prato delle tende, Ivo che continua a ripete senza sosta "Ma non è possibile! Un secondo prima era in piedi ed ora è morto! Non è possibile!", io, Stringhi e Giuli che trasciniamo il corpo inerme del Bandini sotto la tenda mentre inizia a piovviginare;
- L'arrivo, definibile quasi come attività paranormale, di una famiglia calabrese a mezzanotte, decisa a montare una tenda formato "Cattedrale di Notre Dame" esattamente davanti all'unico punto d'accesso al prato. Il panico del padre di famiglia all'incedere delle prime gocce d'acqua ed il tentativo disperato di stendere un telo cerato di 1m x 2 sopra quella tenda che avrebbe potuto contenere quantomeno la prua del Titanic. L'arrivo del temporale e l'urlo del bambino calabrese: "Papà! Papà! Ho il pigiama bagnato!", la consapevolezza di avere la tenda invasa dall'acqua e la fuga in macchina della famigliola del Sud, sconfitta da Mirapuri e dalla pioggia;
- Arianna che beve, beve, beve almeno quanto me, ma che purtroppo non detiene una vescica molto capiente, tanto che mi tocca alzarmi per accompagnarla a far pipì almeno 3 volte durante la notte, sotto l'acqua;
- L'urlo, alle prime luci dell'alba, proveniente dalla tenda davanti alla nostra, dove dormono Pagni e suo fratello: "Nooooooo! Nooooo, porco dio, nooooooooo! C'è acqua ovunque, porco dioooooo!", e la conseguente fuga nel tendone militare comunitario messo a disposizione da Michel.


Anno 2010 (l'anno con i ricordi più sfocati):
- La passeggiata per andare a vedere il Rainbow, covo di nudisti, sfociata in un naufragio nei boschi coiromontesi; alla fine s'è ritrovata la bussola e ci siamo diretti alla tre collinette (o montagnette, o quel cazzo che è) dove si possono vedere 5 laghi del Nord Italia contemporaneamente (quali però non lo ricordo più :D);
- Le bevute (e non solo) stesi sul cerato, il collasso di Carlo (cugino di Gio) ed il pianto disperato di quest'ultimo mentre si cercava di alzarlo per portarlo in tenda;
- La notte imbucati in albergo, inquietante accumulo di oggetti kitsch, CD e libri di Michel Montecrossa (ne ha prodotti una valanga);

Anno 2011
- Le settordicimila cavallette sul prato per il campeggio, la loro pessima abitudine di defecare (o sboccare?) nell'interstizio fra la fodera interna e quella esterna della mia tenda, ed Arianna che ogni due secondi strilla schifata: "Oddio, una cavalletta!";
- L'aperitivo, leggero, a base di bianchi sporchi. Chi lo sporca col Campari, chi con l'Aperol, resta il fatto che 7/8 giri a stomaco vuoto si accusano, eccome;
- Gli starlight e le foto gasevoli, il volo sciagurato di un giovane Icaro ed una macchina fotografica distrutta.


Avete inteso ora cos'è Mirapuri? Mirapuri è gas aperto!

giovedì 7 luglio 2011

E fatevela una bella risata



Riso fa buon sangue, dice il proverbio. Di sicuro fa venire il buon umore e migliora lo stato d'animo, per cui quale vostro medico curante (???) vi consiglio la lettura di questa pagina clicca qui che riporta uno Stupidario discretamente fornito di strafalcioni e castronerie dette da medici e pazienti.
Il tutto perchè l'altro giorno m'è venuta in mente una mitica lettura di qualche anno fa, "Dottore ho un sofficino al cuore" di Antonio Di Stefano. Alcune delle citazioni presenti nel link che vi ho suggerito provengono proprio da quel libro.



Buona lettura e buon riso ;-)

giovedì 16 giugno 2011

Rock In IdRho 2011



Quest'anno non è stato l'Heineken Jammin Festival il mio "concertone" di inizio estate come da tradizione quasi, anche perchè -diciamocela tutta- questa volta era davvero difficile cavare fuori qualcosa di buono dal lineup dell'HJF11 (i soli Verdena non valevano il disturbo). Così, un pò sgasato ed incerto, ho deciso all'ultimo minuto di puntare sul Rock In IdRho ed mi domando ora perchè avessi tante esitazioni.
Giudizio più che positivo per il festival milanese, principalmente per un lineup da paura, mediamente migliore di quanto mi sia mai capitato nelle esperienza precedenti: Foo Fighters, Iggy And The Stooges, Social Distortion, The Hives, Flogging Molly, Ministri ed altri ancora.
La pecca è sicuramente la location invece: una spianata di cemento che ti strema, senza ombra e con poco spazio ai lati che costringe la gente ad ammassarsi troppo e rende difficile godersi al cento percento gli artisti sul palco soprattutto se sei sotto il metro e ottanta d'altezza.
Venendo ai gruppi, senza andare troppo nel profondo, elogi per tutti ma in particolare:

- Ai Ministri ed al loro rock rustico che tocca le corde dell'animo, ottima esibizione, erano gasati a mille probabilmente anche da un pubblico non indifferente rispetto ai loro standard; una splendida realtà italiana che spero possa regalarci ancora tanta buona musica;
- Agli Hives per la loro immensa vitalità e voglia di far divertire la gente e per il loro look straordinario sul palco;
- Ai Social Distortion per il loro hard rock di qualità, che anche se non conosci nemmeno una canzone comunque apprezzi enormemente perchè si tratta di un lavoro ben fatto;
- Ai Foo Fighters, e qua due paroline bisogna spenderle. Animali da palcoscenico e professionisti assoluti, per due ore tengono la gente con gli occhi incollati su di loro a strillare le loro canzoni, inventandosi le parole in inglese se necessario pur di far parte di un unica grande voce. Dave decide di non dare troppo spazio all'ultimo recentissimo album e infarcisce la scaletta di "vecchie" glorie ed il risultato è un concerto straordinario perchè alla portata di tutti e non solo dei fan sfegatati. Eccezionali sul palco il Dave ed il batterista Taylor Hawkins, le due vere anime dei Foo Fighters, mentre appaiono un po spenti, quasi soverchiati dal carisma degli due, gli altri membri del gruppo. Difficile trovare un pezzo più bello degli altri, ma quell'Everlong messa come ultima canzone ...



Ah, ultima nota per la cronaca: quest'anno niente acquazzoni da diluvio universale o svenimenti sotto il sole cocente. Insomma, un concerto noioso :D

martedì 7 giugno 2011

Ponte del 2 giugno (+ incipit sulla coscienza civica)



Passato bene il ponte del due giugno? Io si, e dopo vi spiego come. Prima però mi preme ricordare che il 2 giugno si festeggia la nascita della Repubblica Italiana ma anche l'anniversario del primo referendum istituzionale con suffragio universale in Italia. E quale miglior modo di festeggiare questa data se non andando a riempire le urne per il prossimo referendum del 12 giugno? E' un evento importante e non va sottovalutato poichè è l'unico modo che abbiamo noi italiani di esprimere direttamente la nostra opinione riguardo a nucleare, privatizzazione dell'acqua e legittimo impedimento. Sessantacinque anni fa si decideva fra repubblica e monarchia, oggi gli argomenti sono altri ma l'importanza è la stessa per cui andate a votare.
Dopo questa piccola premessa di coscienza civica, torniamo al ponte del due giugno. Io ho trascorso il mio magnificamente con una gita fuori porta nei pressi di Lerici, a Bocca di Magra per l'esattezza. Ospitati dal Garo ed in compagnia di Maina, Mocio, Coki, Leo e Vivi, mi sono goduto due giorni di mare sul gommone dello Sga che ci ha cortesemente scarrozzato qua e là sfoggiando un cappellino da Capitan Findus. Stile a mille per lui. I risultati conseguiti in questa breve scappatella (vedi foto)sono stati i seguenti:

- Abbiamo scoperto che è possibile partire da Cremona alle nove con la nebbia ed arrivare alle 11 al mare con il sole;
- Sono riuscito ad imitare la colorazione pigmentale di un gambero rosso nonostante un sole piuttosto timido nel fare capolino attraverso le nuvole;
- Mocio comunque è riuscito a fare peggio di me, il che è tutto dire;
- Ho scoperto che esistono persone con aura color indaco, ed a quanto pare queste persone paraculate si salveranno nel 2012. Non si sa bene chi siano ma beate loro;
- Chiiiiii??????
- E' assodato che io ed il Maina abbiamo pareri fortemente discordanti riguardo i raggi di sole che filtrano al mattino dalla finestra;
- Abbiamo osservato che la Vivi è capace di addormentarsi in macchina con una rapidità impressionante (meno di 20 secondi);
- E' stato appurato che la Coki ha un innata dote nel farsi male in qualunque situazione. Questa volta ha deciso di tuffarsi in mezzo metro d'acqua e schiantare la sua mano contro uno scoglio. Probabilmente non possiede un aura indaco;
- Abbiamo rilevato che l'acqua frizzante del ristorante aveva le bollicine eccezionalmente veloci.

I seguenti punti invece sono rimasti in sospeso:
- Non siamo riusciti a spiegarci perchè il signor Echo/Sound sia amico di tutti su Skype e perchè sia connesso addirittura alle 3 del mattino;
- Non è chiaro se gli alieni che ci osservano dall'alto (???) ci ritengano idioti o no mentre d'inverno sciamo sulle piste innevate.

Nel compenso comunque una trasferta molto produttiva che è servita moltissimo a scaricare lo stress in vista dell'ultimo scatto prima delle ferie d'agosto. Sperando che la fine del mondo non arrivi prima, o quantomeno augurandosi di essere una persona con l'aura indaco ;-)

mercoledì 11 maggio 2011

Milano Libera Tutti



Ieri sera in Piazza Duca D'Aosta, davanti all'imperiosa Stazione Centrale dai connotati fascisti, s'è assistito ad un evento unico per la città di Milano: 25mila persone radunate assieme per cambiare la città, per ascoltare buona musica e per far sentire la propria voce.
Il Milano Libera Tutti è stato questo:












Splendido vedere una metropoli che fino ad ora non ero mai riuscito a considerare come una città calorosa aprire le proprie braccia alla modernità, alla voglia di cambiare ed al desiderio di stupire.
E ieri c'è senza dubbio riuscita grazie ai Ministri, agli Afterhours, ai Subsonica ed altri ancora che con il loro buon rock hanno fatto cantare e ballare migliaia di persone. E c'è riuscita anche grazie alle parole di Capovilla, di Don Gallo, di Pisapia, parole in grado di colpire al cuore.
Ieri sera era una splendida Milano.
Ieri Milano era questo:

mercoledì 27 aprile 2011

Il basilico, Firenze, i Ministri, il re, il podere, un papero, una baronia ed io prima



Oggi non ho un idea ben precisa da riversare sul blog per rendere partecipi i miei pochi afecionados di una lettura interessante. Per cui, visto che comunque la voglia di scrivere c'è, ho deciso di fare una specie di compilation di cose che qua e là nelle ultime settimane mi hanno colpito, divertito, emozionato, innervosito, eccetera eccetera. Perlomeno di quelle che mi ricordo. Ah, come al solito l'ordine non determina l'importanza delle singole voci. Soprattutto perchè alcune non hanno assolutamente importanza.

*) Il basilico: via Bonnet si macchia di verde! In preda ad una curiosa forma di shopping compulsivo tinto con i colori della green economy casalinga, il sottoscritto ha comprato lunedì scorso i seguenti prodotti orticoli: 1 vaso in plastica del diametro di 25cm, 1 sottovaso in plastica del diametro di 27cm, un sacco da un paio di kg di terra fertile, un vasetto contente circa 20 piantine di basilico. Appena a casa, sotto lo sguardo perplesso di Garo, si è proceduto allo svasamento ed al trapianto della piantine in una nuova dimora più confortevole, dove ora stanno prosperando sotto le mie amorevoli cure. Noi saliremo sopra gli alberi ...

*) Firenze ed il Chianti cushta pok ma l'è bòn: weekend omaggio per Arianna Bandini, a cui si accozza anche l'ingegner Vezzoni che non ha mai visto la città. Una palla da bowling con scritto su Homer, in poche parole. Forse un pò di più, visto che alla donzella sembra esser piaciuto. Città splendida Firenze, romantica, pregna di storia e di cibo buono. E quel bottiglione da un litro e mezzo di Chianti al Perseus ...

*) I Ministri: questo trio milanese, che troppo a lungo ho snobbato, gasa mica male. Bei testi, belle musiche, bella voce. Qua bisogna andare a vederli dal vivo il più presto possibile.

*) Il Re: sotto la spinta del rock italiano che nell'ultimo periodo di martella, con il gruppo (di cui sul blog non ho mai parlato, ma chi mi è vicino si sente fracassare fin troppo spesso i maroni da me) si è buttato giù la bozza di un primissimo pezzo in italiano. E' solo un germoglio ma chissà che, ad innaffiarlo bene (di birra), non diventi qualcosa di bello.

*) Podere Magi Meconi: non soddisfatto della trasfera fiorentina datata solo alla settimana precedente, il sottoscritto è tornato in Toscana perchè Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi. E giù a mangiare, di nuovo. Fatto il pieno di salsicce e ciambellini si torna al 'freddo' Nord, non prima di essersi goduto un bel pò di coda in autostrada.

*) Anatrino: riprendo in mano un libro dei sempre più straordinari Wu Ming (forse al momento i miei autori preferiti) e all'interno di Anatra All'Arancia Meccanica leggo la spettacolare storia di un Paperino cosciente che sviluppa ideologie comuniste, che lotta il potere capitalista rappresentato da Paperone, che si piega ma non si spezza. E' uno splendido racconto, prendetevi 10 minuti e leggetelo, ne varrà la pena: http://www.wumingfoundation.com/pdfdownload/Canard_pdf.zip

*) Il Barone Granata: eh già, alla fine la mia idea di regalo messa nel congelatore e conservata con gelosia per lungo tempo è venuta buona. Ed ora ci troviamo con un Simone Granata non solo Ingegnere Magistrale, ma pure Barone di Sealand. Un mostro peggio di Godzilla.

*) Si stava meglio quando si stava peggio: quant'è vero! Quando me ne sbattevo della politica, vivendo da ignorante, stavo molto meglio. Ora purtroppo che la seguo, il sapore di cenere non abbandona mai la bocca. Ma sono troppo un amante della conoscenza per tenere gli occhi chiusi; chissà quanti me l'avranno detto prima ed io, testardo come un mulo, facevo spallucce. Si stava meglio prima, comunque.


Può bastare così direi, ho cianciato abbastanza. Quack!

sabato 9 aprile 2011

SLF amarcord





Come ricordava Dario qualche giorno fa, sono già passati tre anni da quell'indimenticabile serata in cui undici ragazzi poco più che ventenni realizzarono forse il più grande evento privato mai organizzato a Cremona. Sto parlando del Segui La Freccia, naturalmente.
E non esagero a definirlo come l'evento privato più grande mai organizzato nella piccola città del torrone e del Torrazzo perchè, nonostante l'assenza di numeri ufficiali, vennero venduti circa 750 biglietti ed è realistico conteggiare almeno un centinaio di "imbucati" (principalmente si trattò di gente con biglietti falsi). Sto parlando quindi di una festa con 850 persone, organizzata da 11 persone: come se ognuno di noi avesse predisposto un piccolo party da 77 persone. Continuiamo con i numeri? Mi giunse più di una volta all'orecchio la voce che qualcuno fosse convinto che noi avessimo fatto su un bel gruzzoletto dal SLF; ebbene, considerando che le spese sfiorarono quasi i 4 zeri (!!!) riuscimmo a racimolare poco più di cento euro a testa, a seconda delle quote iniziali di investimento (ebbene si, ci fu anche quello, una suddivisione iniziale in quote!).
L'inizio della storia fu semplice, lo ricordo come se fosse ieri. Incontrai Dario in aula studio del politecnico durante un intervallo di lezione e lui mi disse di avere un idea (alla Martin Luther King): organizzare una festicciola per 100-150 persone, la location era ancora da decidersi ma la più probabile era una palestra dello Zaist che affittavano per compleanni e cose del genere. Perchè si rivolse a me per primo? Ancora dopo tre anni non lo so. Forse perchè avevo un gruppo e poteva interessarmi organizzare un evento che potesse essere in qualche modo "pubblicitario" per gli ormai defunti Stramonium, o forse sono solo capitato nel posto giusto al momento giusto, come si suol dire. Fatto sta che l'idea mi incuriosì, saltammo entrambi la rimanente parte di lezione e dalla prima chiaccherata ne risultarono proposte interessanti: una di queste fu quella di coinvolgere Enzo, principalmente perchè esperto nella preparazione di eventi ed amico con circa mezzo mondo.
Quell'atto, secondo me, fu come gettare benzina sul fuoco.
L'idea del SLF crebbe in maniera esponenziale coinvolgendo altre otto persone per poter sostenere i costi e crebbe l'efficienza dell'apparato organizzativo; iniziarono le riunioni per decidere la location, che intrattenimenti proporre, che consumazioni offrire (ah, l'open bar!), quanto far pagare; poi ci furono i file excel con la contabilità per tener d'occhio le spese che crescevano ogni giorno di più e per tenere d'occhio quel limite di persone che ci avrebbe garantito di non smenare dei soldi nell'impresa (550, un enormità!); ci furono un'infinità di decisioni da prendere e mille votazioni (grazie a dio eravamo dispari!); ci fu ansia e preoccupazioni (ricordate ragazzi la situazione dei biglietti venduti a tre giorni dal SLF?). Ma alla fine tutto filo liscio (o quasi) ed ora posso guardare al passato con soddisfazione poichè il SLF fu una grande festa.
Un piccolo aneddoto per i non addetti ai lavori riguarda la scelta del nome; fu una delle prime esigenze che emersero dalle riunioni, ricordo bene. Serviva un nome per la festa che fosse accattivante e diverso dal solito, e la proposta che alla fine vinse il ballottaggio fu proprio quella di Enzo, Segui La Freccia. Per capire il perchè si doveva tornare indietro di qualche anno, ad un party imbastito da Enzo in casa propria che sfociò in un orgia pazzesca di gente ... il motivo? Dei suoi amici disseminarono Piadena e dintorni di cartelli con una bella freccia da seguire, per arrivare a casa di Enzo, e la gente lo fece! E fu quello il vero primo Segui La Freccia, l'antenato della festa che anni dopo riproponemmo noi (con ben altre proporzioni però!).
La scelta del nome fu uno dei tanti dibattiti che si susseguirono per quasi 4 mesi fra gli undici soci organizzatori che erano a mio avviso suddivisi in due partiti: i Razionali ed i Creativi. Nel primo partito c'eravamo io, Sine, Cremo, Ale, Pippo ed il Tiuz; nel secondo c'erano Dario, Enzo, Garo, Gio ed Abbia. I "Creativi" erano il cuore del gruppo, sfornavano mille idee ad ogni riunione e 999 si rivelavano irrelizzabili, ma senza il loro entusiasmo ed -appunto- la loro creatività non ce l'avremmo mai fatta. I Razionali invece erano la mente, quelli che stavano con i piedi per terra, che smorzavano i toni ma senza la loro praticità saremmo stati sommersi dalle spese e probabilmente indebitati fino al collo.
La ricetta si rivelò perfetta ed i risultati lo dimostrarono. Una location splendida, il Relais Convento alle porte di Cremona. Intrattenimento ben organizzato e variegato, con prima io ed i fù Stramonium a produrre del buon rock e poi Ale ed il reparto Dj a far ballare la gente. L'open bar fece la sua porca figura e lo si potè facilmente capire dall'elevatissimo numero di persone ubriache barcollanti per le sale a fine serata. Insomma fu un successo.
E per questo successo mi voglio congratulare, anni dopo, con tutti gli organizzatori e soprattutto con la persona che ebbe quell'idea originale e che più di tutti si sbattè per realizzarla: bravo Darietto!

sabato 2 aprile 2011

I Laureati



Questo post lo voglio dedicare a tre persone; non proprio figure qualunque, anzi direi proprio tre pietre angolari nella mia vita. Sto parlando di Arianna, la mia ragazza, e del Ghido e Grana, due fra i miei più cari amici. Voglio dedicare loro questo intervento perchè si sono da poco laureati, tutti e tre, e ci tengo a far sapere quanto sono orgoglioso di loro. Quindi voi tre, godetevi un pò di belle parole che ve le siete proprio meritate!
Cominciamo con l'Ari, la più giovincella del trio che con un bel 109 s'è portata a casa la laurea triennale in Comunicazione Interculturale per la Cooperazione e l'Impresa. Il voto può sembrare una piccola beffa ma è il massimo a cui potesse aspirare tenuto conto della media, ed in ogni caso mi sembra un signor voto, ben 26 punti sopra il mio come non ho mancato di farle notare! Questa è stata la laurea che più di tutte ho vissuto in prima persona io stesso: le gioie e le difficoltà dell'Erasmus, le frustazioni date da materie astruse (vedi Statistica), il tirocinio, l'accumulo di stress pre-laurea, e mille altre cose ancora. Ma ciò che ho fatto realmente è stato solo assistere con meraviglia crescente ad una persona che non si rende conto di avere un enorme potenziale dato da un'incrollabile forza di volontà e da una grande intelligenza, e che si nasconde dietro una maschera di umiltà che la rende una persona ancora più eccezionale. Congratulazioni davvero Ari, so per certo che questa è solo la prima di molte grande soddisfazioni che la vita di darà. :)
Ma le sviolinate non finiscono qua, e se avete problemi di carie contattate al più presto il vostro dentista perchè di miele ne scorrerà ancora a fiumi.
Passiamo ora al Ghido, il Dottore in Medicina con la ragguardevole votazione di 108. Strepitoso, semplicemente strepitoso. Non finirò mai di stupirmi di questo ragazzo che ho imparato a conoscere come un mezzo cazzone (in senso buono eh!) ad Agraria per poi vederlo crescere e maturare ogni istante di più. Ricordo il giorno in cui mi disse che voleva iscriversi a Medicina, poco dopo avermi "battuto" nella votazione finale delle superiori (94 contro 92): fui fiero di lui e nonostante qualche incertezza iniziale sono sempre stato sicuro dentro di me che ce l'avrebbe fatta. Bene, ora quel giorno è arrivato, il Ghido con quel gigantesco neo sulla guancia, il Ghido delle prime note di Rock'N'Roll, il Ghido fratello "gemello" del reparto ritmico, ora è Dottore. Non puoi immaginare quanto sia orgoglio di te vecchio mio. E grazie per i ringraziamenti nella tesi, mi hai profondamente commosso.
Infine, ultimo ma non ultimo, viene il mio Granello di Montalcino. Dottore Magistrale in Ingegneria per l'Ambiente ed il Territorio, con un bel 102. Ci vuole quasi un quarto d'ora per dirlo, ma se lo merita o no? Dei tre, è quello su cui avrei scommesso ad occhi chiusi anche un milione di euro ed ovviamente non mi ha deluso neanche un pò. Una certezza nello studio ed una roccia nell'impegno nonostante continue piangine: si lamenta di essere un pigrone, ma metterei la firma per essere pigro la metà di quanto lo è lui! Come ti scrissi nei ringraziamenti della mia tesi, sei stato e sempre sarai come un fratello per me, spero di esserti stato altrettanto utile nel raggiungimento dei tuoi obiettivi universitari. Congratulazioni davvero. Ora però basta scuse, si inizia a lavorare pelandroni!

giovedì 17 marzo 2011

Grazie Italia



Sono solo sul treno delle 10e20 che parte da Milano Centrale per arrivare a Cremona. E' festa oggi, è il 150° anniversario dell'unità d'Italia, e quindi dopo una serata di bagordi in via Bonnet mi appresto a tornare a casa per godermi un bel weekend lungo.
Dopo una corsa estenuante per non perdere il treno, trafelato mi siedo ed inizio a fissare con occhio un pò vacuo (dannato Campari!) i palazzi di Milano che mi scorrono davanti mentre la locomotiva si appresta a lasciare la città.
Per quanto imballata -o forse proprio per questa ragione!- la mia mente non impiega molto a notare che, anche dopo parecchie centinaia di metri, ancora nessuna bandiera italiana ha fatto capolina alla mia vista e la cosa mi intristisce. Mi intristisce perchè amo da morire questo paese ma spesso piange il cuore nel vedere come viene ridotto, anche quotidianamente, da truffatori, da imbroglioni, da opportunisti, da incivili, e chi più ne ha più ne metta. E non vedere nemmeno una bandiera per me diviene sintomatico di quanto anche il resto della gente sia stanca e disinteressata all'Italia, perchè tante volte ci ha promesso cose che poi non sono arrivate, ci ha fatto costruire sogni che poi si sono infranti come onde sugli scogli della dura realtà.
Il treno va avanti comunque, perchè non è certo il mio umore a portarlo a correre, finchè ad un certo punto finalmente vedo una bandiera che spunta da un balcone, un pò orgogliosa ed un pò timida, e sembra quasi che voglia nascondersi; certo, cos'è una bandiera sola in tutta Milano? E' comunque molto triste, penso.
Ma ecco che ne spunta un altra, e subito dopo un altra ancora. Una quarta, una quinta bandiera. Via via che il treno accelera sempre più rapido ed i palazzi sfrecciano davanti ai miei occhi le bandiere fanno capolino, sempre più in numero e sempre più orgogliose di ribadire che siamo una nazione. Quando arriva la decima sento un tuffo al cuore -di sollievo- e smetto di contarle, anche se quel bel tricolore continua imperterrito a colorare la grigia mattinata uggiosa di Milano.
Quello che ho visto stamattina è secondo me la rappresantazione di ciò che è l'Italia e delle persone che ci vivono: paura e sconfitta, ma anche orgoglio e capacità di risorgere dal niente.
Siamo italiani, siatene sempre fieri!
E nonostante tutto, grazie Italia!


ps: un plauso davvero grande lo merita Gio che ieri notte, neanche lucidissimo, s'è preso comunque 2 minuti legare ed esporre orgoglioso dal nostro balcone il Tricolore!

mercoledì 9 marzo 2011

Santiago Morero ha fatto il malandrino



Avevo minacciato la possibilità di un susseguirsi di piccole rubriche dedicate a quartetto di Via Bonnet, ed eccomi qua a raccontare un altra piccola storiella del ridente appartamento in zona Porta Garibaldi. Si tratta di un racconto del terrore, una storia di fenomeni parastatali (per citare la Gialappa's). E' la storia di Santiago Morero, il malandrino difensore centrale del Chievo Verona.
Avete già paura? No? Male!
Mercoledì mattina, ci svegliamo più o meno tutti alla stessa ora, forse per la prima volta da quando abitiamo assieme. Mentre assonnato ed ancora un pò imballato mentalmente preparo il caffè, Garo mi raggiunge in cucina e mi fa: "Ma senti, è possibile che me lo sia sognato, ma tu stamattina verso 7e30 hai sentito suonare?".
Io lo guardo perplesso e gli ribatto: "Te lo sei sognato, non ha suonato nessuno".
Si alza anche il Maina ed il Garo chiede anche a lui, ma il Maina conferma la mia versione asserendo che non ha sentito nulla. Crediamo che la storia sia chiusa lì ma quando si alza Gio per ultimo, con un occhio mezzo aperto e l'altro completamente chiuso, sbotta: "Ma chi bio parco è che ha suonato stanotte, alle 5e20???" (la censura di Elio è intervenuta per garantire una lettura pulita a tutti quanti).
Scambio di sguardi e perplessità a palate. Io ed il Maina convinti che gli altri due abbiano trincato di notte a nostra insaputa, Gio e Garo sicuri che la coppia nella doppia abbia abusato di tranquillanti e psicolfarmaci la sera prima.
E qui la storia si mette in pausa.
Quando torno dal lavoro, viene ripremuto il tasto Play e Gio svela l'arcano a me e Garo (Maina nel mentre è rientrato a Cremona): "Oggi quando sono tornato a mezzogiorno ho beccato sull'ascensore quel signore grande e grosso. 'Giovanotto', mi fa, 'lei abita al primo piano?'. 'No no, abitiamo ai piani alti, al quinto', gli dico io. 'Ieri sera avete fatto un pò di baccano?', mi chiede lui. Ed allora ho collegato e gli ho chiesto se anche a lui avevano suonato, ed è saltato fuori che c'era sto giocatore del Chievo Verona che ha suonato a mezzo condominio dicendo che c'era una festa a cui doveva andare ed ha scassato le palle a tutti.". La mia mascella e quella dello Sga cadono fino al pavimento. "Ora lo cerco su internet, perchè se lo vedo scritto mi ricordo il nome", conclude Gio.
Alla fine, dopo aver cercato sul sito ufficiale dell'AC Chievo Verona, salta fuori che lo psicopatico che avrebbe suonato all'alba sarebbe tale Santiago Morero, difensore centrale classe 82.
Ora, le domande sono tante, ma le più importante forse é: perchè uno dovrebbe fingersi Santiago Morero, che non lo conosce un cazzo di nessuno? Perchè non sparare un nome più altisonante? Citando il Garo: "Questo qua ha una pagina con 100 fan su facebook. La pagina 'Quelli che vorrebbero far sparire le dita allo Sgorba' ne ha di più, cazzo!".
Io sono portato a credere che fosse davvero Santiago Morero, difensore panchinaro del Chievo. Ma allora la domanda diventa: perchè devi suonare mille citofoni di un condominio sfigatissimo di Milano per cercare una festa? E soprattutto, sei normale? :D
Ah, il titolo? Il titolo è un doveroso omaggio ai commentatori della RAI.