mercoledì 24 marzo 2010

Il Prodigioso Spaghetto Volante


La settimana scorsa, vuoi per la vittoria mistica del Doria contro i gobbacci, vuoi per due chiacchiere fatte con amici dall'animo smarrito nei meandri troppo complicati della religione, mi sono ricordato della mia fede che da un pò trascuravo, il Pastafarianesimo.
Per carità, il Prodigioso Spaghetto Volante (d'ora in poi PSV), summus ducis del credo Pastafariano, è una divinità buona e tollerante; le sue Pappardellose Appendici sono sempre pronte ad accarezzare un fedele devoto sporcandolo di ragù, anche se da lungo tempo non dedicava un pensiero a Lui. Mi sembra giusto però scrivere due righe riguardo il Pastafariano Credo, raccogliendo un pò di informazioni qua e là su internet per glorificare il PSV e per andare a caccia di nuovi adepti alla vera fede!
Cosa vuol dire essere Pastafariano? Ironicamente, vuol dire credere di non credere, riponendo la propria fede in un entità invisibile ed intangibile, il PSV appunto, capace di spiegare tutte le teorie evolutive ma non in grado di confutarle con prove tangibili. Quindi, una religione vera e propria.
Con un esempio (tratto dalla bibbia pastafariana, Il Libro Sacro Del Prodigioso Spaghetto Volante) si può facilmente confutare la presenza di un mostro spaghettoso che veglia su tutti noi: è noto a tutti i pastafariani che il PSV tocca con le sue Pappardellose Appendici i suoi fedeli per dimostrare l'amore per il suo gregge. Questa verità è dimostrata, non è solo un atto di fede incondizionata! Pensateci bene, nel passato l'altezza media dell'uomo era più bassa rispetto ai giorni odierni: questo perchè il PSV riusciva a toccare più spesso gli uomini (che erano minori in numero). Al giorno d'oggi invece, con l'aumento esponenziale della popolazione mondiale, il PSV riesce a toccarci con meno frequenza, ed inevitabilmente l'uomo s'è alzato di statura. Semplice no?
Capite bene da soli dunque che questa è la sola ed unica religione che non cozza con la scienza (ho detto cozza? ebbene si, il PSV adora anche gli spaghetti allo scoglio). Se non vi è bastato questo esempio, tutta la Bibbia Pastafariana è infarcita di dimostrazioni per aiutarci a comprendere che, finalmente, misticismo ed evoluzione possono convivere in un sincero rispetto, senza dover porre l'uomo al centro di un amletico dubbio.
Vi riporto ora un elenco di link utili per informarvi e convertirvi. Ricordatevi, dimostrare la propria fede ogni giorno è semplice: basta una bella spaghettata al ragù ed il PSV saprà di essere sempre nei vostri cuori!


1) http://it.wikipedia.org/wiki/Pastafarianesimo
Wikipedia parla del più famoso Mostro di Spaghetti del mondo!
2) http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Pastafarianesimo
La pagina più seria riguardo al Pastafarianesimo, su Nonciclopedia.
3) http://spaghettovolante.wordpress.com/
Un interessantissimo blog, da seguire se si è fedeli DOC!
4) http://www.venganza.org/
La pagina ufficiale della Religione Pastafariana.
5) L'invisibile unicorno rosa
Altra teoria religiosa simile al Pastafarianesimo


Per i più fedeli e devoti, ecco qua una chicca: La Natività


Ramen fratelli!

lunedì 22 marzo 2010

Nuovo lavoro


Massì, raduniamo un pò di ciarpame in un unico post, tanto per scrivere qualcosina e spammare pure qua, in uno spazio che rispettando il buonsenso dovrebbe essere tenuto esente dallo spam. Ma lo spam è l'essenza del vivere dolce, si sa, e dunque spammiamo!
Sono un poeta. Dello spam.
Dunque, il lunedì comincia benissimo dopo la vittoria del Doria ai danni dei Gobbacci: uno a zero ed a casa. Pure di lusso per la Giuventus sto risultato, visto che Chimenti, papera su Cassano a parte, ha fatto tre o quattro parate difficili. Ah già, ha segnato proprio Cassano, lo stesso giocatore che il gobbaccio Lippi si ostina a non convocare in Nazionale. Goduria allo stato puro, anzi, come direbbe Jerry Calà: Libidine... Doppia Libidine... Libidine coi fiocchi!!
Tornando indietro temporalmente, la settimana scorsa è arrivato l'agognato contratto per il nuovo lavoro e dunque fra poco meno di un mesetto inizierà la mia nuova esperienza presso DiXtreme, l'azienda dove tutt'ora lavora Sandro. Molti mi chiedono i motivi del mio abbandono dell'attuale posto di lavoro, ma trovarne uno su tutti è difficile ... in linea di massima sono alla ricerca di nuovi stimoli, frase che può sembrare un pò new age ma in fin dei conti è la sacrosanta verità.
Qua cosa lascio? La comodità, la (futura) sicurezza di un posto nel pubblico, alcuni colleghi che sicuramente mi mancheranno, altri senza dubbio no. Di là troverò un contratto migliore sia dal punto di vista remunerativo sia dal punto di vista umano, ed un ottimo amico a supportarmi (soprattutto nella fase iniziale); spero di trovare anche un buon ambiente e nuovi stimoli. Nuova città, in parte nuova vita forse. Insomma, una bella svolta. Parafrasando un famoso film/libro ... io speriamo che me la cavo!

giovedì 11 marzo 2010

Wolfman, Invictus, Shutter Island: cinematografo a gògò


Con la visione di Shutter Island, ieri sera, si conclude la piccola serie di uscite cinematografiche che ho macinato negli ultimi sette giorni: The Wolfman di Benicio del Toro e Anthony Hopkins, Invictus con l'ottimo trio Eastwood-Freeman-Damon e, appunto, Shutter Island dell'ormai rodata coppia Scorsese-Di Caprio.
Un periodo denso di ottimi film almeno sulla carta, visto gli attori ed i registi in campo, che mi hanno portato a dover selezionare alcuni ed escluderne altri sicuramente interessanti come Alice In Wonderland di Burton, pur tenendo la manica larga (tre film in sette giorni mi pare comunque un margine di tolleranza più che buono).
Dato che la qualità dei film è stata alta, e le aspettative sono state perlopiù rispettate, butto giù una breve recensione per ciascuno dei tre che spero potrà essere utile a chi è intenzionato a vedersi del buon cinema.
Rispettando un ordine puramente cronologico di visione, il primo della lista è The Wolfman. Premetto subito che, del trio, è stato probabilmente il più deludente ma confido che questo termine non venga travisato. The Wolfman a mio avviso si tratta comunque di un discreto film in cui forse, più che soffermarsi esclusivamente sulla trama e l'intreccio (nel finale oggettivamente un pò povero) chiede allo spettatore di focalizzarsi su altri dettagli: le ambientazioni e la fotografia, ben fatte, coinvolgenti, con scenari cupi che inglobano il film calzando a pennello con la storia, grigie come l'animo del protagonista, nere come la maledizione che lo colpisce; la recitazione, soffermarsi sull'abilità di Del Toro ed Hopkins mi pare superfluo; il trucco, dove il realismo del mannaro valgono le quattro ore di makeup che Benicio doveva sorbirsi ogni giorno per cercare una fisicità nel volto che gli effetti speciali probabilmente non avrebbero saputo regalare. Insomma tutti dettagli, ricercati nel voler restare più vicini possibile alla famosa pellicola del 1941, che meritano di esser visti; se dovessi dare un voto, un 7 sarebbe onesto.
Proseguendo è il turno di Invictus, il film su cui avevo più aspettative in assoluto dato il cast impressionante ed la curiosità per un pezzo di storia moderna di cui conosco poco e niente. E le aspettative, fortunatamente, non sono state deluse. Per chi non avesse idea della trama, si tratta sostanzialmente della storia dei primi mesi di presidenza di Mandela in Sud Africa dopo la caduta dell'apartheid; pressato dal partito sulle urgenze di un governo ancora giovane ed inesperto, Mandela sembra invece dare più importanza al livellamento degli inevitabili odi interrazziali e per farlo decide di dare un ruolo centrale alla Nazionale di Rugby, gli Springboks, storicamente simbolo del potere bianco. La squadra e Mandela riusciranno nei loro intenti di unire la nazione senza considerare il colore della pelle, per merito di contatti con la popolazione atti a far conoscere il rugby ed un campionato mondiale inaspettatamente vinto grazie ad un impresa sugli "invincibili" All Blacks.
Eastwood come regista m'è sempre piaciuto nonostante quella vena cinica che permea sempre le sue pellicole; vedere per una volta un happy ending fa senza dubbio piacere (d'altronde è storia) e Eastwood si muove bene anche in questa situazione regalando emozioni e commozione a più riprese nel film. Morgan Freeman è incredibile, perfetto in una parte che cercava da anni e per cui, addirittura, lo stesso Mandela lo aveva eletto come candidato perfetto per interpretarlo. Bravo anche Matt Damon nel dare profondità all'attore non protagonista, non facendosi sovrastare dall'abilità di Freeman.
Nel complesso dunque regia magistrale ed attori fenomenali, ma soprattutto uno bel messaggio contro il razzismo, contro la sua insensatezza e la stupidità che lo genera. Voto 9, senza dubbio meritato.
Ultimo di questa carrellata di recensioni è Shutter Island. Sono andato a vederlo con sentimenti contrastanti: da un parte ero molto curioso di rivedere al lavoro la premiata ditta Scorsese-Di Caprio ed il trailer mi aveva ben disposto; per contro avevo già raccolto qualche testimonianza sul film non esattamente entusiasmante, pareri si positivi ma comunque tiepidi. Dopo la visione, mi sento invece di affermare che Shutter Island è un'ottima pellicola. Cervellotica, contorta, ansiosa a tratti, non da punti di riferimento certi sebbene mano a mano che avanzano i minuti le informazioni sono sempre più numerose. La storia prosegue ma nulla è mai certo per cui ognuno fa le sue supposizioni, solo alla fine si scopre la verità, toccante almeno quanto è inquietante.
Scorsese dirige bene anche se questa volta non è magistrale come in The Departed, Di Caprio invece regala un'interpretazione davvero notevole, a conferma del fatto che da qualche film a questa parte si può definire tranquillamente un gran attore (per me il punto di svolta è stato Blood Diamond).
Nel complesso, un film consigliabile a chiunque. Trae forse in inganno il trailer, che può far pensare ad un thriller da "salto sulla poltrona" mentre è più corretto definirlo come psicologico. Comunque da vedere, voto 8.

lunedì 8 marzo 2010

Il Nome della Rosa


L'altra sera prima di dormire pensavo che ultimamente scrivo poco. Facebook e la sua capacità di riassumere tutto con un messaggio in bacheca ha tirato fuori la persona sintetica che era in me. Un mio (rincoglionito) professore delle medie diceva che era dovuto al fatto che giocavo tanto con i videogames. Non so se fosse vero o se fosse una cazzata, resta comunque un dato certo che scrivo poco.
Questo blog poi non è mai decollato come avrei voluto. Da una parte ha poca visibilità, dall'altra parte io non mi sono sforzato molto di dargliela. E oltretutto scrivere così raramente non invoglia certo un passante a diventare un lettore abitudinario.
Quindi ho deciso di cambiare un pò l'impostazione del blog stesso: non sarà più, come è sempre stato per tradizione, un diario della mia vita, ma avranno più spazio anche recensioni di libri, pareri su film, notizie divertenti o interessanti, insomma diventerà a tutti gli effetti uno spazio dove parlare, un pò a casaccio, di tutto e di niente.

Il primo post di questa nuova "era" lo dedico per coincidenza fortunosa ma sicuramente propizia ad un libro, un gran libro: Il Nome della Rosa di Eco.

Avendo a disposizione la grande fortuna di poterlo leggere da novizio, come Adso, la mente mai contaminata da pellicola cinematografica, il libro è stato sicuramente una piacevolissima sorpresa. Sorpresa perchè è senza dubbio gradevole scoprire che al giorno d'oggi, in tempi relativamente moderni, possano esistere ancora autori così bravi da amalgamare, in una trama perfetta, precisione nei dettagli con un contesto "poliziesco" quanto mai avvolgente inserito in una realtà storico-politica descritta, nelle sue caratteristiche più peculiari (e dunque talvolta più assurde!), in maniera magistrale.
Eco è bravissimo, come se ne vanta egli stesso (più o meno inconsciamente) nell'appendice finale di contorno al libro, a rendere popolare un libro che in realtà tanto di massa non è visto, come accennavo prima, quanto è stato curato nei dettagli. Citazioni in latino, riferimenti a passi biblici ed a filoni ideologici in commento alla Bibbia (esemplare il dibattito sul riso fra Baskerville e Jorge) riempono ogni spazio fra l'intreccio della trama, con una sequela di assassinii che non può che rendere sempre più curioso il lettore. Ed è qui che viene il bello: mentre un abbazia viene decimata da misteriose morti, il mondo costruito da Eco certe volte sembra fermarsi per osservare processi e scontri verbali su ricchezza dei papisti, povertà dei francescani (o dei minoriti), eretici e visionari. Praticamente un saggio sulla cristianità del XIV secolo, inserita in un romanzo giallo. O forse viceversa?