lunedì 17 maggio 2010

Regressione a bambino



Apro questo intervento con le mani che corrono sulla tastiera scorrendola come un pianoforte alla ricerca di un ispirazione, di un incipit da seguire per farsi trascinare come da un fiume di parole, e sorrido pensando a quanto è strana la vita (banalità delle banalità!) che mi fa regredire -nella mente- al livello di un bambino che soffre e si entusiasma per delle sciocchezze ma che nel suo contesto sono l'essenza di tutto ciò che per cui vale la pena di vivere. Non parlo delle sciocchezza ma di ciò che scatenano, è ovvio: dei sogni.
Trovo che sia giusto sorridere per una cosa del genere; vuol dire che si sa ancora ironizzare su se stessi ma soprattutto si è in grado di ammettere che certe volte tornare bambini è la cosa più bella del mondo e non c'è nulla da vergognarsi nel volerlo fare.
Ieri allo stadio di Genova, il Luigi Ferraris, informalmente Marassi (dal nome del quartiere che occupa), ha visto la regressione di tante, tante persone venute ad inseguire un sogno. Pensate, 37mila persone per un unico sogno! Ma un sogno la potrà mai contenere tutta questa gente?
In mezzo a questa folla, un paio di cremonesi: uno adottato dal mondo dello spettacolo, cullato e bistrattato allo stesso tempo da un universo che lo ha accolto quasi per caso ma che ha avuto il buon cuore di donargli molte soddisfazioni; l'altro invece più acerbo, agli inizi della sua avventura da adulto nel vero senso del termine ma proprio per questo ancora indeciso se levare quel piede dalla porta dell'esser fanciullo e spensierato.
I due hanno un legame di sangue che li lega, ma non è quello che conta per loro. Quello che importa davvero è il rispetto che reciprocamente provano l'uno per l'altro, soprattutto il più giovane che un pò venera il più grande. E poi, ad unirli ulteriormente, c'è il motivo della loro regressione allo stadio di bambino, ossia una squadra di calcio. Ebbene si, una squadra di calcio, quello sport malato, corrotto ed infangato quotidianamente dalle infamie dei suoi stessi protagonisti che però non smette mai di emozionare chi purtroppo è stato toccato dai suoi tentacoli e che -ahimè- soffre e gioisce in eterno come un condannato dei gironi danteschi.
Li lega una squadra che i suoi tifosi se li sceglie bene e li vuole pronti ad amarla incondizionatamente, e proprio per questo li mette alla prova di continuo fra alti e bassi che metterebbero knockout anche il più navigato dei lunatici pronti a repentini cambi d'umore: gioia e tristezza, esaltazione e delusione, paradiso ed inferno.
Questa squadra questa stagione ha fatto proprio così, per non smentirsi. E' partita forte, fortissimo, come mai negli ultimi anni ed ha fatto palpitare all'unisono migliaia di cuori, compresi quelli dei due cremonesi. Poi s'è appannata ed è iniziato un periodo buio in un tunnel nero che sembrava non avere mai fine; l'ha fatto perchè è una squadra sorniona, scherza con l'animo della sua gente che farebbe follie per lei solo per vedere quanto sono disposti a sopportare i suoi seguaci. Infine, soddisfatta dello scherzo furbastro ed abbandonati i miscredenti, è partita per una galoppata verso la fine del campionato, verso il triplice fischio del 16 maggio. Una corsa così veloce e così intensa che a fatica i suoi tifosi riuscivano a vederla.
E così, dopo questa pazza sgroppata, ha rallentato alle porte di Genova per permettere ai cuori che tanto l'amano di raccogliersi a Marassi ed assistere all'ultimo sforzo, ad incitarla e sostenerla nell'ultima fatica per inseguire un sogno comune a migliaia di persone.
I due cremonesi erano là pure loro perchè al cuor non si comanda, si dice. E come tutti allo stadio regrediscono. Certo, inveiscono forse un poco più di un bambino, che usa il "mannaggia" anzichè la bestemmia e sicuramente non insulta un giocatore solo perchè ha osato spaventarli più del dovuto, ma il gioco è anche quello.
E quando un Re Pazzo incorna il pallone e porge il sogno in mano alla gente, allora ci si alza in piedi, si salta, si urla e ci si strattona, e chissenefrega se si è in tribuna stampa e ci vuole contegno, al cuor non si comanda, l'ho già detto!
Finito tutto di svegliarsi dal sogno non c'è verso. Non perchè ci si aggrappa agli ultimi strascichi del sonno come alla coperta quando d'inverno fa freddo, ma perchè il sogno è lì anche quando si hanno gli occhi aperti. Il sogno è realtà.





Sampdoria in Champions League. Grazie ragazzi ma soprattutto grazie Claudio.