mercoledì 9 dicembre 2009

I miei primi 24 anni



Il titolo è un cliché ed ammetto che forse, sforzandomi un poco di più, avrei potuto trovare qualcosa di meglio. Che vi devo dire?! Gli anni passano anche per me e con essi anche la creatività spontanea dettata dalla giovinezza della mente mi sta abbandonando: non trovare un bel titolo è sintomatico, amici miei, ne sono certo!
Come sono stati i miei primi 24 anni? Lunghi ed intensi, è la definizione migliore.
Sono cominciati come spesso accade in anticipo, il primo dicembre, con la scelta poco animalista di andare a mangiarci 750g di carne in una graziosa macelleria nel centro di Crema. Il Soul&Pepe vuole sembrare un ristorante, ci prova, cerca di imbrogliarti, finge di essere ciò che non è, ma la realtà, identificata nei chilogrammi di ottima carne che vengono cucinati ogni giorno in quel posto, dimostra che in realtà è una macelleria a tutti gli effetti. Una macelleria che produce dell'ottima, deliziosa carne!
Arriva poi il compleanno vero e proprio e con esso comincia la due giorni milanese. Giovedì si cerca di dare una piccola svolta alla propria vita, e si chiude la giornata con le vecchie sane tradizioni rock: Billy Talent in concerto, che dimostrano di spaccare di brutto anche dal vivo.
Venerdì invece si fa un tuffo nel passato, un passato neanche troppo lontano,costellato di ricordi confusi in primis un pavimento troppo duro e troppo freddo.
Un grazie a tutti quanti per questo splendido compleanno, in particolare a due persone: a Miki per l'enorme sbattimento che gli ho causato installandomi in casa sua per due giorni e trascinando 12 persone in un appartamento omologato per quattro; a Lukish, per avermi fatto da balia, per avermi regalato i cd dei Green Day che mi mancavano e per il biglietto del concerto (per questo grazie anche alla Marty!).
Grazie a tutti ragazzi ... gasate!

mercoledì 11 novembre 2009

Il diario del Voivoda: Green Day


Un piccolo intervento i miei ragazzi lo meritano dopo il concerto di ieri sera.
Sono di parte, lo so, e lo sapete bene anche voi che mi sciolgo per i Green Day; ma pensare che il mio schieramento sia dovuto soltanto al fatto che sono il mio gruppo preferito da una vita è una banalità: per me sono sempre stati molto di più, soprattutto in questi anni dove hanno rappresentato lo specchietto retrovisore sulla mia adolescenza e sulla mia voglia di fare rock, e di fare del rock un piccola filosofia di vita.
Quindi ieri sera, mentre ascoltavo le note dei primi pezzi in scaletta, mentre ascoltavo la voce da eterno ragazzino di Billie Joe, mentre Trè Cool pestava salticchiando sullo sgabello la sua batteria e Mike Dirnt pizzicava il suo basso, pensavo che loro sono forse la prima ragione per cui inseguo il sogno.
Sul concerto in sè, c'è molto da dire e probabilmente finirò con il dimenticare qualcosa.
Quasi due ore e mezza di concerto, 30 pezzi in scaletta di tutti gli album fra cui addirittura 2000 Light Years Away del mitico Kerplunk, cover sparse qua e là, una capacità di coinvolgere la gente incredibile grazie a tutti quegli "you say eeeeeeeeeeeeh oooooooooooooooh". E ancora, gente sul palco chiamata a cantare i grandi classici, magliette sparate verso la folla, gli ormai immancabili travestimenti da donna durante King For A Day (grazie ragazzi di averla fatta!), i bis e tris, gli omaggi alla vecchia guardia di fan ...
Insomma indubbiamente dei grandi artisti, scenografici e soprattutto che dimostrano di ricordare in ogni momento, che se sono su quel palco è solo grazie a noi.

"Musica bella è lingua di Dio". Hai proprio ragione, Billie.


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Green Day @ Mediolanum Forum, Assago, Milano on November 10 2009

1. Song Of The Century
2. 21th century Breakdown
3. Know Your Enemy
4. East Jesus Nowhere
5. Holiday
6. Static Age
7. Give Me Novacaine
8. Are We The Waiting
9. St. Jimmy
10. Boulevard Of Broken Dreams (with "La musica bella è la lingua di Dio")
11. 2000 Light Years Away
12. Hitchin' A Ride
13. Welcome To Paradise
14. Sweet Child O' Mine (Guns N' Roses Cover)
15. When I Come Around
16. Highway To Hell (AC/DC Cover)
17. Brain Stew
18. Jaded
19. Longview
20. Basket Case
21. She
22. King For A Day + Stand By Me + (I Can't Get No) Satisfaction + Hey Jude
23. 21 Guns
24. Minority
25. American Idiot
26. Jesus Of Suburbia
27. Encore
28. Last Night On Earth
29. Wake Me Up When September Ends
30. Good Riddance (Time Of Your Life)

lunedì 9 novembre 2009

Il diario del Voivoda: la caduta del Muro



Oggi, 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino.
Difficile capire oggi cosa rappresentasse quell'enorme striscia di divisione fra diverse concezioni della società. Ma alcuni punti fermi li possiamo comprendere anche noi che il periodo del Muro non l'abbiamo vissuto in prima persona, vuoi perchè troppo piccoli, vuoi perchè ci siamo ritrovati dalla parte giusta del confine: il Muro non divideva solo Berlino, simbolicamente rappresentava la linea di demarcazione fra gli attori coinvolti nella Guerra Fredda.
Una cosa certa che traspira leggendo pagine dei giornali, siti internet e inserti vari è che la costruzione del Muro fu definitivamente la scelta più impopolare che potesse intraprendere il regime sovietico. Sono significative le parole di Viktor Suvorov, uno scrittore russo:

"L’obiettivo del muro: evitare che il popolo della Germania socialista potesse scappare nel mondo normale. Il muro fu costantemente perfezionato e rinforzato, trasformato da un normale muro in un sistema insormontabile di ostacoli, trappole, segnali elaborati, bunker, torri di guardia, tetraedri anti carro e armi a sparo automatico che uccidevano i fuggitivi senza bisogno di intervento da parte delle guardie di confine.
Ma più lavoro, ingegnosità, denaro e acciaio i comunisti mettevano per migliorare il muro, più chiaro diventava un concetto: gli esseri umani possono essere mantenuti in una società comunista solo con costruzioni impenetrabili, filo spinato, cani e sparandogli alle spalle. Il muro significava che il sistema che i comunisti avevano costruito non attraeva ma repelleva.
"

Il Muro fu quindi una definitiva bocciatura del regime, dei suoi metodi autoritari e dittatoriali atti a controllare la popolazione. Come si potesse pensare che erigere un muro per impedire la fuga dei cittadini fosse una buona intuizione, questo è davvero misterioso.
Resta il fatto che il regime non fece nulla per farsi amare dalla gente della DDR: oltre al Muro, gli atti infami e vergognosi messi in opera dalla STASI portarono i Berlinesi dell'EST a rialzare la testa un giorno dopo l'altro. Fino al 1989, il 9 novembre, dove in una conferenza stampa, alla domanda su quando si potesse attraversare quel dannato confine segnato dal Muro, il portavoce della DDR Schabowski si lasciò sfuggire un "ab sofort". Da subito. E così scattò il passaparola fra i Berlinesi, più veloce delle televisioni e delle radio, più veloce dei telefoni. E nell'arco di un'ora il Muro fu assediato e abbattuto pezzo per pezzo, a colpi di martellate. Il simbolo del regime si ritorceva contro il mostro da esso creato.
Un Berlinese tornava ad essere solo un Berlinese, senza distinzione alcuna. Tutti potevano riportare le parole di Kennedy indistintamente: "Ich bin ein Berliner".

mercoledì 14 ottobre 2009

Il diario del Voivoda: addii



Capita nella vita, soprattutto se sei un sentimentale con il gusto del teatrale come me, di vedere degli idoli svanire davanti ai tuoi occhi e di soffrirne come se fossero state conosciute realmente.
A 39 anni, dopo oltre un anno di lotta contro un cancro al cervello, è morto Allen Shellenberger, il batterista dei Lit.
Mi risparmio dall'annoiare ancora il lettore con la favola del mio batterista ispiratore, già letta o già sentita dalla mia bocca fin troppe volte. D'altronde sono una persona legata in maniera forte alle proprie passioni, e quando ne parlo tendo ad essere ripetivo, lo so. E' anche vero che una persona che non brucia per le proprie passioni, forse deve rivedere e correggere la sua definizione di "passione", o ciò che cataloga come tale.
Dicevo, all'inizio, che certe volte scompaiono figure che non hai mai conosciuto personalmente ma il senso di vuoto ti prende lo stesso, e la tristezza con esso.
Mi viene naturale domandarmi da dove possa venire una reazione del genere da parte di una persona che, seppur sensibile, si definisce anche razionale nel ragionamento. La realtà è che un individuo non è bianco o nero, non è una realtà agli antipodi dell'altra. Ogni persona è un pò sentimentale ed un pò razionale, con variazioni della miscela. E volendo focalizzarsi sul perchè la scomparsa di una figura lasci il segno, il motivo è semplice: ciò di cui senti la mancanza è ciò che essa ha rappresentato per te, filtrato e distorto dal proprio io, e non ciò che essa ha realmente trasmesso.
Io Allen non l'ho mai conosciuto, ovviamente. Forse era il più grande bastardo del pianeta ma non me ne importa ora, e nemmeno mi ha mai sfiorato il pensiero prima. Allen è una figura che mi ha fatto scattare la molla - "Ehi, voglio diventare batterista!" - punto e basta. Per cui grazie di tutto Allen, comunque sia, chiunque tu fossi realmente, rimarrai per sempre un idolo per me.
Addio.

lunedì 28 settembre 2009

Il diario del Voivoda: nostalgia

Ah, che nostalgia la vacanza a Monaco. Ho scovato il vecchio report di allora, godetevelo!

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Andò più o meno così.

Vezzo: “Qual’è il mese che si dice che abbia il tempo ballerino, Ronca?”
Ronca: “Non lo so … non era marzo?”
Vezzo: “Mi sembrava aprile …”
Sine: “Boh, non ne ho idea …“
Vezzo: “Chiediamolo a Sandro, che tutto sa”

Vezzo: “Sommo!”
Sandro: “Sommo? Cosa vuole dire sommo?”

E da allora fu chiamato Sommo Principe degli Idioti. E fu così che tutto iniziò.


Reportage della vacanza/gita a Monaco

1° Giorno
Il primo giorno, inutile a dirsi, lo si trascorre allegramente fra autostrada e autogrill. Saltuariamente ci perdiamo in assurde statali austro-germaniche, imboccate senza alcun scopo logico dal nostro autista, la cui somiglianza con Barney Gamble dei Simpson è lampante agli occhi. Si arriva all’albergo attorno alle tre, e l’autista da il meglio di sé in una manovra di parcheggio denominata dagli esperti “sonora minchiata”: incastra il pullman di sbieco, occupando contemporaneamente il marciapiede e la strada (vedi foto). Per questa manovra a forte tasso di difficoltà si guadagna il totale rispetto di tutta la compagnia.
Entrati nell’albergo il gruppo viene spinto a forza in una stanza a fianco della hall, e qualche pessimista comincia a valutare la possibilità di un’eventuale gassazione della combriccola, che già dimostrava di essere italiana al 100% per la quantità di baduello prodotta. Entra invece un responsabile dell’albergo che ci spiega il regolamento e altre cazzate varie. Mentre il Tiuz, uno dei nostri due capogruppo, ripassa le due regole fondamentali del non fumare in stanza e del non fare casino nei corridoi dopo le 22, dalla sua tasca scivola inesorabile la pistola giocattolo comprata qualche ora prima all’autogrill, con la quale, sul pullman, ha scassato il cazzo a tutto il gruppo. La scena della pistolina che cade per terra e la faccia allibita del responsabile sono memorabili. Il tipo rimane ancora più di stucco quando scopre che il Tiuz è uno dei nostri capogruppo. Veramente una scena fantastica, bisognava esserci per rendere l’idea.
Dopo essersi ripigliati con un girettino nei dintorni, con un Campari Orange che definire indegno era un complimento e con un pessimo pasto in albergo, si esce per un primo giro esplorativo della Monaco notturna. Andando a zonzo a vuoto per parecchio tempo riusciamo a trovare finalmente l’HB, l’Hofbraühaus, la famosa birreria di Hitler, una locale a dir poco spettacolare per la sua immensità e per la sua grandezza (io e Sine abbiamo stimato fra gli 800 e i 1000 coperti). Ci assettiamo in gruppi sparsi, dato che, nonostante dimensione del posto, fatichiamo a trovare i tavoli, e finalmente mi posso scolare il mio bel litrazzo di birra, Hofbraü Original, una chiara davvero interessante. L’atmosfera è bella, il posto pure, peccato che alle 11e30 inizino a sbolognarti fuori per la chiusura. Fuori dall’HB ci rifugiamo all’Hard Rock, che sta proprio di fronte, ma non prima di aver fatto un po’ di show con dei coreani, che in quanto a sbronza erano nettamente sopra di noi, fatta eccezione per Ronca, che era già sulle stelle dopo il suo litro. La scena di Albe che imita il coreano a fare la foto di gruppo strizzando gli occhi, con lo stesso coreano a fianco, è memorabile. Dentro l’Hard Rock invece è il turno di Grana, che si mette ad offrire giri a me e a Sine, rendendo il resto della serata assolutamente da ricordare. Molto begli oggetti esposti: la chitarra dei Sex Pistols, la tuta di Freddy Mercury, la cintura di Jimi Hendrix, la chitarra dei Rolling Stones, e parecchia altra roba (vedi foto).
Tornati in albergo, alle 6e30 è il turno del Ronca Show. Nel dormiveglia sento che va in bagno, quando ne esce, mi tocca il braccio, che avevo disteso fuori dal letto, dopodiché si sente un trambusto allucinante: mi sporgo fuori dal letto a castello e ritrovo Ronca sdraiato a pelle di orso sul pavimento. E’ svenuto quand’è uscito dal bagno ed è volato per terra come un sasso. Sandro ed io gli chiediamo se è ancora vivo, e una volta avuta la conferma torno a dormicchiare, anche se periodicamente scoppio a ridere per lo show di Ronca. Fra l’altro non riesco ancora a spiegarmi come non abbia potuto spaccarsi l’osso del collo, vista la disposizione della camera … l’esperienza di Ronca smentisce la teoria di Grana sull’effettiva utilità del collare osseo!

2° Giorno
Il secondo giorno si affronta il primo della numerosa sfilza di risvegli traumatici: poco sonno e tanto alcol sono dei pessimi alleati contro la stanchezza. Al mattino si va a vedere il centro di Monaco, il municipio e il duomo (vedi foto) mentre al pomeriggio ci si divide: c’è chi va a vedere l’Englisher Garten, mentre io, Sandro, Sine e Ronca andiamo a vedere l’Hofgarten (vedi foto) prima di rifugiarci in albergo per riposare un po’.
Alla sera invece, si finisce ancora all’HB, nonostante il parere contrario di qualcuno, ma alla fine si scopre che il gioco vale la candela perché è il turno del Grana Show: decide che vuole portarsi a casa a tutti i costi il bicchiere da un litro del pub; io, Tiuz, Vale e Albe decidiamo di dargli man forte facendogli da copertura, e ci avviamo verso l’ingresso ballando e menando un cincello allucinante sulle note, cantate da noi, di “Everybody dance now!”. Arrivati all’uscita c’è un buttafuori gigantesco che ci ferma, ficca una mano sotto la giacca di Grana recuperando il bicchiere e ci sbatte fuori con uno spintone. C’è anche il tempo per un piccolo Vezzo Show: non trovo più il portafoglio, perciò mi riscaravento dentro l’HB evitando il buttafuori e corro a cercarlo sotto il tavolo, per poi scoprire che l’avevo in tasca, dove era sempre rimasto. Sono un coglione. D’obbligo un bel sorriso al buttafuori uscendo per la seconda volta dalla birreria. Mi aspettavo un pugno in faccia, m’è andata bene.
Da registrare la ottima birra rossa presa dentro l’HB, davvero speciale.

3° Giorno
La terza giornata la si trascorre quasi interamente al Deutsche Museum; sul tardi c’è chi va a vedere l’Allianz Arena, io non sono fra quelli. Sul museo poco da dire: molto interessante, molto grande (direi ai livelli del Louvre), e naturalmente con pochissimo inglese nelle spiegazioni (crucchi bastardi).
Alla sera invece il grosso della compagnia si rifugia in un’altra delle case birrai principali di Monaco, l’Augustiner, dove meniamo un bordello allucinante, tant’è vero che le cameriere vengono più volte ad intimarci il silenzio; ma noi imperterriti continuiamo con balli popolari e con il fantastico gioco del “Chi è nato in gennaio si alzi! Si alzi! Chi è nato in gennaio si alzi in piè!”. Lo scontrino del conto presentato a fine serata presenta l’astronomica cifra di 387 euro, distribuite su una trentina di persone. D’altronde parecchi, fra i quali il sottoscritto, hanno preso due litri. Fra l’altro, dentro il pub, uno dei nostri, Gio, s’è ritrovato un suo vecchio professore delle medie (che ha fatto in Sicilia) e subito è scattato il coro “Professore, portaci le alunne!”, le quali, molto cordialmente erano sul punto di venire, quando il prof le ha bloccate. D’altronde, mi sa che eravamo in età da galera …
Scacciati come al solito a mezzanotte dalla birreria ci rifugiamo di nuovo all’Hard Rock, dove mi sparano la miseria di 27 euro per 4 bicchieri di Jack Daniel’s.
Tornati all’albergo, sugli scalini troviamo dei ragazzi sardi che iniziano ad offrirci da bere e passiamo altre due orette giù a chiacchierare, ridere, sparare stronzate e fumare sigarette. Ci offrono anche un loro vino sardo che dicono essere una botta paurosa, ma una volta assaggiato non si rivela essere più forte di un nostro qualsiasi Chianti o Malvasia. Finisco la serata con il seguente score, che penso essere il mio record personale: una bottiglia di birra a cena, due litri di chiara all’Augustiner, un Jack Daniel’s all’Hard Rock, un altro mezzo litro di birra con i sardi e l’equivalente di un paio di bicchieri di vino sardo. Nell’arco della serata fumo più di un pacchetto di sigarette. Di sicuro polmoni e fegato non avranno apprezzato …

4° Giorno
Dopo la potente sbornia della sera prima, niente di meglio dell’aria fresca del castello di Nymphenburg per riprendersi. Più che un castello però, sembra essere una tenuta simile a quella di Versailles, addirittura più grossa. Il palazzo si estende su due ali che avvolgono per metà un laghetto artificiale, mentre l’altra metà è fasciata da una schiera di tenute che ipotizzo servissero come appartamenti della corte (vedi foto). Dietro il palazzo si estende un giardino immenso, che si perde a vista d’occhio, però scarno dal punto di vista delle decorazioni (soprattutto visto che le statue erano coperte, vedi foto). In compenso il giardino era pieno d’anatre a non finire, con cui naturalmente non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di giocare per un oretta come dei bambini delle elementari … era troppo forte però!
A pranzo mangiamo in un’altra birreria dell’Augustiner, un posto molto di classe ad occhio, dove la gente si divide fra prendere il “porco without salad” (come diceva il cameriere) o un piatto di wurstel assortiti su base di crauti e patate; mi viene ancora l’acquolina in bocca se ci ripenso!
Finito il pranzo, la comitiva del giorno (siamo in una ventina perché altri sono andati in un campo di concentramento e sterminio nella zona) si dirige verso l’Olympiapark, dove viene radunata la quasi totalità della combriccola. La zona è veramente formidabile, un intreccio d’architettura naturale e artificiale splendida, da lasciarci giù gli occhi. Si possono effettuare visite all’Olympia Stadium (vedi foto), al museo della BMW, al museo del rock in cima alla torre e godere dello splendente panorama dalla medesima. Sulla riva del lago di fronte alla torre, nel cemento hanno lasciato la firma parecchie celebrità: i Metallica, gli Alice Cooper, Santana, B.B. King, e molti altri (vedi foto). Ad un certo punto Grana, per fare un po’ d’ironia, mi chiama dicendo di aver trovato la targhetta del mio preferito; vado là da lui e, come un po’ mi aspettavo, trovo la targhetta di Ronan Keating. Poi sposto lo sguardo su quella di fianco e sgrano gli occhi: immortalata nel cemento c’è la firma dei Kastelruther Spatzen (vedi foto)!!!! Chiamo lì Grana e neanche lui ci vuole credere. Un gruppo sfigato tirolese che abbiamo sempre deriso per il loro aspetto e per la loro musica è immortalato fra le grandi firme della musica … assurdo! I crucchi proprio non li capisco …
Dopo cena, c’è chi esce per un giretto, mentre io, Grana, Albe, Vale, Sandro, Ronca, Sine e il Tiuz rimaniamo nel disco-pub dell’albergo a giocare a stecca e a fubalino, anche perché il giorno dopo la partenza è fissata per le 7e30. Organizzato un torneone di biliardo, si riforma l’HJusy con il Tiuz sotto lo pseudonimo di Sanchez e il sottoscritto a incarnare, naturalmente, il ruolo de El Presidiente. E riusciamo pure a riportare l’HJusy ai fasti del passato vincendo il torneo! Grande Sanchez!

5° Giorno
Il quinto giorno è tempo di partenza, purtroppo. Sul pullman la quasi totalità delle persone dorme della grossa (vedi foto). Sulla via del ritorno però ci si ferma al fantastico castello di Neuschwainstein, sul confine fra Germania ed Austria. E’ il castello della Disney, per intenderci. Poco da dire, se non che è un vero capolavoro, da lasciarci giù gli occhi (vedi foto).
Terminata la visita di due orette, si riprende la marcia per Cremona, dove si arriva alle 7 di sera. E’ finita la pacchia.

giovedì 13 agosto 2009

Il diario del Voivoda: simbolismo


Quando al lavoro non c'è praticamente nulla da fare e manca la voglia di scrivere pagine per la tesi, occorre trovare soluzioni alternative. La mia preferita, di solito, è sfogliare le pagine di Wikipedia, balzando da una pagina all'altra e da lì verso link esterni.
Questa mattina il caso ha voluto che mi imbattessi in alcune pagine estremamente interessanti, visto che trattavano di personaggi storici ed avvenimenti che sto "vivendo" in prima persona grazie alla mia lettura di questi giorni, Q di Luther Blisset.
E così sfoglia e sfoglia l'enciclopedia virtuale, fra Munster e Mühlhausen, fra Thomas Muntzer e Jan di Leida.
Ma la cosa che più mi ha interessato è stato la voce relativa a Albrecht Durer e la sua incisione, Melanconia I.

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"L’artista, che ha ben chiare la concezione medievale della Malinconia soggetta agli influssi del pianeta Saturno, pone nel filatterio, retto da un pipistrello, la parola melanconia.
Sono due i personaggi raffigurati: in primo piano una figura grande, alata, dai tratti femminili, che impersonifica l’uomo nella sua vera essenza, quella alla quale la sua anima tende. Il volto è scuro, accigliato. Sembra esser concentrata su d’un problema che non riesce a risolvere. Un problema geometrico, giacché è retto nelle sue mani un compasso. Il secondo personaggio è più piccolo, dotato anch’esso d’ali, e siede sopra una macina. È attivo, impegnato dalla scrittura. Sembra detenere le risposte che al compagno mancano. La macina su cui sta è strumento per ridurre un elemento dal suo stato grezzo a polveri più consoni alla sperimentazione empirica, e quindi nobili.
Si potrebbe presumere che il problema, oggetto dell’impegno dei due figuri, potrebbe essere collegato al cosiddetto “quadrato di Giove” che è rappresentato alle loro spalle: le cifre sommate in orizzontale, verticale e obliquo danno sempre 34 (da notare come l’abilità dell’artista gli abbia consentito di disporre, uno accanto all’altro, i numeri 15 e 14, così da ricordarci l’anno di realizzazione dell’incisione).
La mancata risoluzione del quesito sembrerebbe indicare la difficoltà di passare definitivamente dallo stato saturnino della malinconia al più congegnale stato di giovialità, che di cui il pianeta Giove è evidente responsabile coi suoi influssi, e che viene manifestato dall’aurora che giunge radiosa all’orizzonte."

Sembra che chi abbia scritto questa descrizione, seppure minuziosa nella descrizione dei particolari, abbia dimenticato di far riferimento alla simbologia massonica.

martedì 4 agosto 2009

Il diario del Voivoda: riallineamento


Si parte da giugno.
Studio. Lavoro. Studio. Lavoro. E il decidere che fare della mia vita. Decidere cosa fare con il lavoro. Rinnovo o no. Rinuncio subito o aspetto. Il mio futuro lavorativo in ballo. Temporeggio come sempre, indeciso come mio solito. Poi alla fine decido di rimanere, per ora.
Serate con gli Stramo e la prima volta di Violetta in concerto. Arianna in Italia. Tre ore di sonno e poi via, di corsa a Mantova per fare rock in una scuola. Il sogno di quando ero un ragazzino.
Piazzetta con gli amici, venerdì sera. Di nuovo Arianna, il sabato. Terme, acqua bollente e risate. Sorrido tanto che quasi mi fanno male le guance. Ma dura poco, come al solito.
Perciò via l'Arianna, si ritorna alla routine. Lavoro. Studio. Lavoro. Studio.
Cena per sobri. Pasta, torte salate e brioscine. Vino rosso, birra e Zibibbo. Grappa serba alle erbe e due folli che se ne sparano 5 bicchieri. Morti entrambi. Chi in strada, chi in casa mia. Il destino delle Cene per sobri.
Programmo, progetto di Informatica B, 27. Meno due. Reti logiche, fatto benino. Due settimane d'ansia. Weekend con gli Stramo fra Torre e Belforte, con i Reali. Poi il voto, 23. Meno uno. Studio. Lavoro. Studio. Lavoro. Studio. Esame di nuovo, l'ultimo. Un calcio in culo e via, finiti. Sono libero dal giogo, libero dall'ansia. Gli esami nella vita non finiscono mai, ma quelli del Politecnico di Milano li ho finiti, eccome.
Di nuovo Arianna. Orio al Serio, Mirapuri. Tende, campeggio, pasta e caffè sul fornellino da campo. Michel Montecrossa e Lucky, un fighetto pizzettato con l'accento di Milano e mezzo metro di criniera. "Vedrai che prima o poi me la darai". Stringhi e le due torinesi. Il Mottarone, in settuplice copia. La birra San Miguel. Le cartine contate. I Vortice di Nulla, Dash & Dixan. Il Bando che ci saluta, ma con stile. Un siciliano e il suo fottuto telo cerato. La pioggia, l'alzarsi per far pipì, il dormire in macchina, tre ore. Lo svegliarsi e tornare a casa. Gnocchi, sonnellino, doccia, amore, Crema, Emergency, yogurt.
E si ricomincia la routine, ma senza studio. Lavoro. Tesi. Lavoro. Tesi.
C'est la vie, la meravigliosa vie!

lunedì 3 agosto 2009

Il diario del Voivoda: inaugurazione


E rieccomi qua, a scrivere in un blog. Il mio vizio (culturale) preferito, forse.
Le ragioni nascoste dietro l'apertura di questo nuovo spazio sono semplici tutto sommato: la recente politica emmesseniana che ha distrutto il concetto di blog rendendo praticamente irraggiungibili i livespaces mi aveva convinto dell'inutilità di aggiornare il mio caro, vecchio ed amato Magazzino Sia-Lan-Wezz (link). E la cosa, sinceramente, non mi piaceva. Il mio piccolo angolo privato, il mio circolino dove le persone a me più care potevano capire cosa mi passasse per la testa, il mio diario online era tagliato fuori dal mondo. Isolato, emarginato, escluso. E va bene che doveva essere una cosa per pochi eletti, persone coraggiose che intrappolate nellaGrande Rete trovavano comunque il tempo per leggere i miei post e commentarli, spesso dispensandomi buoni consigli o ironia a buon mercato, ma l'idea di avere un blog e nessuno che lo legge, ecco, mi sembra un idea stupida. Perciò ho chiuso i battenti, si svende tutto e si passa ad altro.
Poi un ragazza, con i suoi occhi che sanno leggere fino in fondo alla mia anima, mi domanda spontaneamente, un giorno: "Come mai non aggiorni più il tuo blog?".
E così eccomi qua, a riaprire uno spazio dove poter ammorbare i miei amici, dove poter raccontare le mie esperienze, i miei successi, i miei timori. Dover poter descrivere i miei sogni ed i miei incubi. Ciò che mi emoziona e ciò che mi spezza le gambe.
Rinasce come un esperimento, proprio come era nato per prova il Magazzino, per cui sotto questo buon auspicio spero proprio che come il suo predecessore viva tanti post e tanti fasi della mia vita, e che, proprio come fa il Magazzino ancora adesso, finisca con il dispensarmi qualche dritta rileggendo ciò che ho scritto.
A presto, per un resoconto della mia situazione attuale, spero breve.
Vi lascio con un gran massima che ben si adatta a ciò che scriverò su questo blog:

"L'oca è l'animale ritenuto simbolo della stupidità,
a causa delle sciocchezze che gli uomini hanno scritto con le sue penne."


P.S.: per chi si fosse sempre chiesto cosa, o meglio, chi sia un Voivoda ecco qua --> link