lunedì 9 novembre 2009

Il diario del Voivoda: la caduta del Muro



Oggi, 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino.
Difficile capire oggi cosa rappresentasse quell'enorme striscia di divisione fra diverse concezioni della società. Ma alcuni punti fermi li possiamo comprendere anche noi che il periodo del Muro non l'abbiamo vissuto in prima persona, vuoi perchè troppo piccoli, vuoi perchè ci siamo ritrovati dalla parte giusta del confine: il Muro non divideva solo Berlino, simbolicamente rappresentava la linea di demarcazione fra gli attori coinvolti nella Guerra Fredda.
Una cosa certa che traspira leggendo pagine dei giornali, siti internet e inserti vari è che la costruzione del Muro fu definitivamente la scelta più impopolare che potesse intraprendere il regime sovietico. Sono significative le parole di Viktor Suvorov, uno scrittore russo:

"L’obiettivo del muro: evitare che il popolo della Germania socialista potesse scappare nel mondo normale. Il muro fu costantemente perfezionato e rinforzato, trasformato da un normale muro in un sistema insormontabile di ostacoli, trappole, segnali elaborati, bunker, torri di guardia, tetraedri anti carro e armi a sparo automatico che uccidevano i fuggitivi senza bisogno di intervento da parte delle guardie di confine.
Ma più lavoro, ingegnosità, denaro e acciaio i comunisti mettevano per migliorare il muro, più chiaro diventava un concetto: gli esseri umani possono essere mantenuti in una società comunista solo con costruzioni impenetrabili, filo spinato, cani e sparandogli alle spalle. Il muro significava che il sistema che i comunisti avevano costruito non attraeva ma repelleva.
"

Il Muro fu quindi una definitiva bocciatura del regime, dei suoi metodi autoritari e dittatoriali atti a controllare la popolazione. Come si potesse pensare che erigere un muro per impedire la fuga dei cittadini fosse una buona intuizione, questo è davvero misterioso.
Resta il fatto che il regime non fece nulla per farsi amare dalla gente della DDR: oltre al Muro, gli atti infami e vergognosi messi in opera dalla STASI portarono i Berlinesi dell'EST a rialzare la testa un giorno dopo l'altro. Fino al 1989, il 9 novembre, dove in una conferenza stampa, alla domanda su quando si potesse attraversare quel dannato confine segnato dal Muro, il portavoce della DDR Schabowski si lasciò sfuggire un "ab sofort". Da subito. E così scattò il passaparola fra i Berlinesi, più veloce delle televisioni e delle radio, più veloce dei telefoni. E nell'arco di un'ora il Muro fu assediato e abbattuto pezzo per pezzo, a colpi di martellate. Il simbolo del regime si ritorceva contro il mostro da esso creato.
Un Berlinese tornava ad essere solo un Berlinese, senza distinzione alcuna. Tutti potevano riportare le parole di Kennedy indistintamente: "Ich bin ein Berliner".

Nessun commento:

Posta un commento