giovedì 27 gennaio 2011

La tapparella



Vi racconterò una storia di Via Bonnet. Ogni cosa, anche la più banale, diventa sempre divertente e folkloristica se contestualizzata in quella casa. Sarà per la polvere che sembra dotata di vita propria, sarà per la stupidità di noi ci viviamo, sarà anche per la sfiga che ci attanaglia, chi lo sa? Spiace solo che in questo racconto non ci sia il Maina, profugo in terra comasca, ma sono sicuro che avrà le sue occasioni in futuro; e chissà che non ne venga fuori una specie di rubrichetta (del tipo "Le fantastiche avventure di quelli di Via Bonnet") per farvi ridere assieme a noi. O di noi; ma in fondo, che differenza fa?
Tutto comincia al mattino. Mi sveglio a fatica, sbrigo le mie cosine (non pensate male, a parte impestare la camera di orrendi peti non faccio) e mi appresto ad alzare la tapparella della mia porta finestra per ammirare lo splendido panorama di Milano e la vista che mi regala da camera mia: nebbia quasi paragonabile a quella di Cremona (il che è tutto dire!) e grattacieli abbandonati che custodiscono chissà quali segreti. Ah, la tapparella. Sono mesi che è lì e lì per mollare, la bastarda, tutta sfilacciata ed in procinto di cedere. E per farlo ha scelto proprio questa mattina: a nulla sono valsi i miei occhi acquosi e gli improperi usciti dalla mia bocca, naturali come lo smog su Milano. La cinghia si spezza e la tapparella crolla a terra con un sonoro schianto; la parte inferiore della cinghia mi rimane fra le mani e quando la lascio andare si avviluppa rapida come la lingua di un camaleone. Lo sbuffo di polvere che esce dalla fessura che si porta via la cinghia sa tanto di presa per il culo. Dannata tapparella!
Quando una giornata parte male si vede quasi subito ma l'immagine della cinghia spezzata risucchiata nel muro non è nulla a confronto della visione orribile che mi attende di lì a poco. Mi sto dirigendo verso la stazione di Pt. Garibaldi per prendere la metro come tutte le mattine, passo davanti all'edicola da poco aperta pressapoco davanti all'Hollywood e sento il giornalaio che fa: "Ciao Fabrizio!". Mi sorpassa un orrendo individuo abbigliato come un gitano del circo ed è lui, di nuovo: Fabrizio Corona. Di nuovo perchè è già la seconda volta che lo vedo e, per quanto possa sembrare incredibile a certe persone, non è esattamente il genere di VIP che mi piace incontrare sotto casa mia al mattino.
Abbigliamento di Corona (liberamente ispirato da http://www.youtube.com/watch?v=AEM4Wn05lSY): fascia viola per capelli in perfetto stile anni '80; felpa nera con tanto di logo corona sulla schiena; pantacollant da uomo; calzini viola tirati fino a metà polpaccio. Mi limito ad un pacato "Oh my god".
Per fortuna, nel mio caso, il buongiorno non si vede dal mattino sennò procedendo con il passo della prima mezz'ora del giorno sarei finito in manicomio. Al lavoro nulla da segnalare, arriva la sera e rientro a casa pronto ad affrontare la maledettissima tapparella. La preparazione durante la giornata è stata accurata e minuziosa, contornata da video e tutorial online per affrontare il problema. Ho comprato la cinghia di ricambio e sono pronto, assieme al Garo e Gio.
Il video che avevo visto su Youtube durava circa 3.40 ed era una sola persona; noi c'abbiamo messo un ora e mezza ed eravamo in tre. Insomma, statistiche non esaltanti ma comunque alla fine, fra mille bestemmie ed insulti, abbiamo portato a casa il risultato. Le imprecazioni non erano solo legate alla tapparella ed alla cinghia, che abbiamo pure dovuto smontare completamente dopo un primo montaggio sbagliato, ma venivano anche da me come naturale reazione alla Sindrome della Sampdoria, ossia quel viziaccio che ha la mia squadra del cuore di farsi recuperare sempre al 90'.
E così s'è creato uno strepitoso parallelismo fra riparazione della tapparella e partita di coppa Italia: prima tanto buon lavoro per smontare la cinghia rotta ed arrotolare tutta l'avvorgibile attorno a quello che Giò a definito -forse con fin troppo tatto- "l'albero di una nave del '700" (e qui il parallelismo è con il vantaggio della Samp per buona parte della partita); poi la consapevolezza di aver fatto un errore e dover ricominciare da capo (e questo corrisponde al pareggio dell'Udinese); poi ancora il non capire un cazzo di come iniziare, se con l'avvolgibile avvolto o no (e qua è la Samp che becca il 2 a 1 nei supplementari e vede allontanarsi la qualificazione); poi si riesce a sistemare l'avvolgibile (Samp pareggia); poi le difficoltà con la molla per avvolgere la cinghia e finalmente la vittoria (lotteria dei rigori e successo Samp). Che fatica ragazzi!
Alla sera invece abbiamo messo alla prova il duro lavoro ingegneristico (???) di Gio e Garo che hanno riparato il narghilè di quest'ultimo sostituendo il bollitore rotto con una complessa struttura composita costituita da una bottiglia di latte ed un bollitore per tè. Una roba inguardabile ma stranamente funzionante. In pieno stile Via Bonnet ;-)

3 commenti:

  1. Bel racconto, in parte la sapevo già :)

    Adesso lo linko ai tuoi capi, così vedono che video guardi mentre sei al lavoro :pp

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  2. Corona non perdona. Non dimenticarlo mai,vezz
    Non pensavo che esistesse un tutorial per riparare tapparelle. be',nel caso mi succedesse chiamerò la premiata ditta garo,gio' e vezz attiva 24h su 24

    Il presidente del materazzi23team

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  3. precisare che è già la 3a tapparella che viene aggiustata da quando siamo in casa...per via che le aveva appena cambiate...vecchia di merda!

    :D

    bella vezz

    GIO

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